Translation Slam a Bookcity Milano

Creato il 10 dicembre 2013 da Thais @la_traduttrice

Era un po’ che non partecipavo a un incontro sulla traduzione. Ma quando ho scoperto che nell’ambito di Bookcity Milano si sarebbe svolta una sorta di sfida tra due affermate traduttrici, che si sarebbero confrontate su un brano inedito spiegando e difendendo le proprie scelte, non ho esitato neppure un attimo.

E così, eccomi nella bella cornice della sala del Grechetto, nella biblioteca comunale centrale di Palazzo Sormani in via Sforza 7. Il pubblico è abbastanza numeroso, ma ordinato e attento. Patrocinato da AITI, l’incontro prevede la discussione su un brano inedito di Jamie Ford, l’autore di Il gusto proibito dello zenzero (suvvia, non è colpa dei traduttori se ultimamente i titoli in libreria sono tutti uguali! Io però devo ammettere che, irritata da questa mania, me ne sono tenuta alla larga) e del nuovo Come un fiore ribelle.

Prende la parola Marina Beretta, che introduce e coordina la sfida tra Annamaria Raffo e Roberta Scarabelli. Oltre all’autore, coadiuvato da un’interprete dell’AITI, è presente anche Alba Mantovani, traduttrice di Come un fiore ribelle.

Si parte con un’introduzione sulle tematiche e sullo stile di Jamie Ford, sul fil rouge che lega i suoi romanzi precedenti, ma che si rivela inapplicabile all’estratto che verrà discusso oggi, tratto dal prossimo libro di Ford. Alba Mantovani parla delle difficoltà che ha incontrato durante la traduzione di Come un fiore ribelle, e poi si parte con la sfida vera e propria. Ovviamente, le due traduttrici avevano lavorato a casa sul brano in questione. Sarebbe stato impensabile e poco utile tradurre “in diretta”.

Bando alle ciance, si comincia con una lettura del brano originale (in inglese) da parte dell’autore stesso, seguita da ciascuna delle due traduzioni letta dalla propria autrice. In questa fase il pubblico segue il testo originale sullo schermo a disposizione.

Siamo partiti con alcune considerazioni generali sulla differenza fra le due interpretazioni del testo: Raffo ha scelto consapevolmente un registro più piano, lineare, perché nonostante l’argomento sia altamente emotivo nel testo le emozioni non traspaiono, quindi ha scelto un linguaggio distaccato e le parole semplici che potrebbe usare una bambina qual era la narratrice all’epoca dei fatti; Scarabelli è rimasta il più possibile aderente al testo originale, facendosene guidare, a partire dal lessico, che fino a un certo punto manteneva una sorta di ambiguità rispetto a quanto stava accadendo e poi si faceva più crudo. Dopodiché è arrivato il momento di un’analisi dettagliata delle due traduzioni, frase per frase.

La prima scelta che è saltata all’occhio di tutti è stata quella fra passato remoto (Raffo) e passato prossimo (Scarabelli): se Raffo ha scelto il classico tempo della narrazione, che si usa per avvenimenti lontani nel tempo, Scarabelli ha voluto sottolineare il fatto che, sebbene si parlasse dell’infanzia della narratrice, l’evento evidentemente la ossessionava ancora, ed era per lei molto vivido e presente. Le è venuto dunque spontaneo utilizzare il passato prossimo, e alla fine Raffo ha concordato con lei.

Laddove Raffo ha cercato di utilizzare un linguaggio semplice, adatto a una bambina, Scarabelli è rimasta più aderente al testo. Ha sottolineato che ricevere una cartella e mezza decontestualizzata è stata una sfida enorme, perché solitamente ci vogliono 30-40 pagine per “entrare” in un testo e sentire nell’orecchio il ritmo dell’autore.

Un altro esempio di differenza fra le due traduzioni è stato il caso delle onomatopee: se Raffo ha cercato dei verbi italiani che potessero sostituire i suoni corrispondenti, Scarabelli ha preferito mantenere le onomatopee, ma “italianizzandole”, ovvero non copiando pedissequamente com’erano scritte in inglese (sarebbero sicuramente sembrate “strane” all’orecchio del lettore) ma cercando dei suoni verosimili e più adatti a un testo in italiano.

Vi risparmio ulteriori esempi e casi particolari perché senza avere il testo completo sotto gli occhi è piuttosto inutile discuterne, mi limito qui a sottolineare che, indipendentemente dalle singole scelte che potevano essere più o meno azzeccate a seconda dei casi e del gusto personale, entrambe le traduzioni avevano un loro ritmo interno e coerente, a dimostrazione che non esiste la traduzione perfetta, esiste solo un’infinita combinazione di possibilità che devono risultare armoniche al loro interno.

Ovviamente la sfida non era tesa a capire chi fosse la traduttrice migliore tra Raffo e Scarabelli, entrambe professioniste di alto livello: è stata, credo, un’esperienza arricchente per entrambe e soprattutto per il pubblico. Jamie Ford, inoltre, era entusiasta e continuava a fotografare lo schermo con il confronto fra le due traduzioni, oltre al pubblico e a se stesso con la sua interprete. Una bella iniziativa di AITI all’interno di una manifestazione davvero ben organizzata.



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