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Trasporti umbria – verso un fallimento concordato? ovvero, quando i giovani turchi locali chiedono aiuto a renzi

Creato il 12 marzo 2013 da Goodmorningumbria @goodmrnngumbria

di Ciuenlai

In gergo economico si chiama “socializzazione delle perdite e privatizzazione dei profitti”. Stiamo parlando della ipotesi di soluzione più gettonata per tentare di risolvere la gravissima crisi finanziaria di Umbria Tpl. Il meccanismo, non dissimile dall’esperienza fiorentina (Renzi adesso va di moda anche tra i giovani turchi dell’Umbria?), funzionerebbe pressappoco così. Si mette in vendita un ramo di Umbria Tpl con dentro i dipendenti, il materiale rotabile e un po’ di debiti (quelli dei fornitori e poco altro). La New Company paga un affitto alla vecchia società che rimane sul groppone dei vecchi soci diventando una specie di immobiliare che, con quello che ottiene dalla parte venduta e dall’ affitto, comincia a pagare i suoi tanti debiti. Tutto risolto? Manco per niente. Pagare tutto l’insoluto resterebbe un problema, anche perchè nessun ente pubblico socio è in grado di sottoscrivere robusti aumenti di capitale sociale, tranne (forse e sottolineo forse) la Regione. E, a questo punto, per tentare di chiudere definitivamente la partita, potrebbe anche essere presa in considerazione l’ipotesi di mettere in liquidazione la vecchia “Bad company”, sistemando le cose con quello che in giurisprudenza chiamano concordato con i creditori. A occhio, assomiglia tanto ad una specie di fallimento controllato. Per il momento questa sarebbe solo una ipotesi. Ma è un’ipotesi che assomiglia sempre di più alla realtà, perchè gli esperti del palazzo non hanno altre soluzioni in mano in grado di scongiurare lo spettro del fallimento (quello vero). Naturalmente, il tutto verrà accompagnato da un drastico taglio dei costi con conseguente e sostanziosa riduzione dei servizi e da un aumento delle entrate, che significa aumento dei biglietti. Questo mare di garanzie sui debiti e sulla riorganizzazione del servizio e delle tariffe, è ritenuto indispensabile, non solo e non tanto per cercare di mettere la parola fine alla crisi dell’azienda, ma soprattutto per garantirsi l’entrata del famoso socio esterno (si parla ancora e solo di F.S.). In conclusione, socializzate le perdite e privatizzati i profitti, il salvataggio di Umbria Tpl verrà, in gran parte, scaricato sulle spalle e sul portafoglio dei cittadini. Ma insieme a loro potrebbe anche esserci un’altra vittima. In questa rivoluzione c’è infatti ancora un nodo ancora da sciogliere. Il nodo riguarda il personale. Primo; come si comporterà la nuova società con gli eventuali esuberi? (tra le quinte si parla già di una cinquantina di impiegati e di altrettanti addetti al movimento). Secondo, a che condizioni verranno riassunti gli attuali dipendenti di Umbria tpl? Per ora le rassicurazioni si sprecano. “Nessuno verrà licenziato e nessuno perderà niente” continuano a ripetere i muri di Palazzo Donini. Non c’è ancora un valido motivo per non credergli, anche se il mancato rispetto dell’accordo sulla omogeneizzazione delle retribuzioni, qualche pulce all’orecchio la mette. Eccome se la mette!

 



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