Infatti, l’anzianità contributiva è da intendersi quale concetto più ampio dell’anzianità di servizio, essendo la prima riferita a tutta la posizione contributiva del dipendente, che può comprendere la contribuzione presso altri fondi di previdenza obbligatoria ovvero contribuzione da riscatto o figurativa al di fuori del rapporto di servizio con la PA. L’anzianità di servizio, evidentemente è quella riferita all’appartenenza nella PA. È da rilevare tuttavia che l’art. 72, comma 11, D.L. n. 112/2008, nella versione attualmente vigente prevede che per gli anni 2009, 2010 e 2011 (quindi ancora per tutto l’anno 2011), la PA può recedere dal rapporto di lavoro, nel rispetto di un preavviso di sei mesi e con la salvaguardia della decorrenza del trattamento pensionistico, nei riguardi di quei dipendenti che raggiungano una “anzianità massima contributiva” di 40 anni. Il combinato disposto di quest’ultima norma, con quella sopra richiamata di cui alla legge del 1997 fa ritenere che l’anzianità di servizio massima viene raggiunta anche nel momento in cui la medesima, sommata a tutta la restante contribuzione posseduta dal dipendente, permette il raggiungimento dei 40 anni di contributi, utili per il “collocamento a riposo d’ufficio” da parte della PA: in tal caso l’anzianità massima di servizio di cui alla L. n. 140/1997 si deduce da una norma di legge (l’art. 72, comma 11, D.L. n. 112/2008). Pertanto, per tutto l’anno 2011, salvo successive proroghe, la cessazione dal servizio per il raggiungimento dell’anzianità contributiva di 40 anni del dipendente può farsi rientrare nell’ambito della norma di cui all’art. 3, comma 5 della L. n. 140/1997, con riferimento all’applicazione dei termini più favorevoli di liquidazione dei trattamenti di fine servizio.”
Teramo, 20 Giugno 2011 Avv. Annamaria Tanzi
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