Nicola Mancino si è avvalso della facoltà di non rispondere: “Ritengo di volermi avvalere della facoltà, che mi è consentita dalla legge, di non rispondere” ha esordito l’ex ministro dell’Interno “non per sottrarmi alle valutazioni della Corte d’Assise di Caltanissetta ma per non interferire in un procedimento, quello di Palermo, dove non sono stato ancora interrogato”.
Egli, infatti, deve rispondere dell’accusa di falsa testimonianza nel processo per la trattativa Stato-mafia in corso a Palermo. L’ex presidente del Senato ha giustificato la propria decisione di non parlare davanti alla Corte d’Assise, precisando che deve ancora essere sentito dalla Procura di Palermo e, quindi, fino a quel momento, preferisce non rilasciare altre dichiarazioni. “So che c’è una interferenza” ha continuato Mancino “fra le due procure che seguono rispettivamente il processo sulla trattativa e sulla strage di via d’Amelio, ma non vorrei essere ulteriormente oggetto di indagini fra le due Corti d’Assise”.
Nel 2001, nell’ambito del processo al generale Mario Mori, si svolse il confronto fra l’ex ministro della Giustizia Claudio Martelli e, appunto, l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino. Secondo quanto ha deciso il presidente della Corte d’Assise Antonio Balsamo, questo faccia a faccia adesso entretà a far parte del processo ‘Borsellino quater’; infatti, è già stato acquisito questo fascicolo, oltre ai verbali delle dichiarazioni rese da Mancino ai magistrati di Palermo.
Mancino ha ripetutamente negato tutto.
Virginio Rognoni, ministro dell’Interno dal 1978 al 1983 nel governo Andreotti, deponendo oggi al processo ha affermato: “Trasecolai quando vidi nei giornali il mio nome sul cosiddetto ‘contropapello’ e non mi resi conto perché il mio nome fosse inserito in quel documento”.
Il ‘contropapello’, sarebbe la lista con le richieste di Cosa Nostra allo Stato, presumibilmente scritta da Vito Ciancimino, nella quale pare comparissero nomi di noti politici, fra cui quello di Mancino e quello di Rognoni, informati sulle dinamiche della trattativa.
Interrogato dal pm, l’ex ministro ha precisato che nel 1992 non fu mai contattato per richieste sull’abrogazione della legge Rognoni-La Torre. “Dopo il 1992” ha dichiarato Rognoni “le forze politiche continuarono ad avere la stessa posizione che avevano già assunto in precedenza nella lotta alla mafia. L’assassinio di Falcone prima e quello di Borsellino dopo, creò senz’altro molto turbamento nel quadro politico del Paese”.
Inoltre, Rognoni ha raccontato delle perplessità e delle preoccupanti problematicità confidategli dall’allora presidente della Regione Piersanti Mattarella, il quale stava tentando di rinnovare la politica regionale con non poche difficoltà, in particolare in riferimento al settore degli appalti pubblici.
L’onorevole Pietro Folena, su richiesta del pm, ha inizialmente illustrato quale fosse il proprio ruolo politico nel 1992: era deputato della Repubblica, segretario regionale del PCI in Sicilia, poi, nel maggio di quello stesso anno era stato eletto in commissione parlamentare antimafia – che però non era ancora operativa nel periodo delle stragi.
Sottoposto alle domande del pm circa la sua conoscenza e i suoi rapporti con il colonnello Mario Mori, Folena ha affermato che “nei giorni successivi alla strage di via d’Amelio non escludo di aver incontrato il colonnello Mori, anche se non ricordo nulla di questo incontro, che sicuramente fu breve e non significativo a livello contenutistico”.
La memoria dell’onorevole non è certo paragonabile a quella di un elefante, anzi; ciononostante egli ha assicurato di ricordare, anche se non nello specifico, che dopo l’attentato di via d’Amelio, ha incontrato vari esponenti delle forze dell’ordine e ha interloquito con loro riguardo alla situazione generale che si stava vivendo in quel momento storico e pure sulle infiltrazioni mafiose nell’aggiudicazione dei grandi appalti pubblici – motivo per cui venne anche costituito un gruppo di lavoro in commissione parlamentare antimafia.
“Dopo l’omicidio di Salvo Lima” ha continuato Folena “ho avuto la percezione che alcuni uomini molto impegnati e presenti nella vita politica, come gli onorevoli Mannino e Vizzini, vivessero un grande sentimento di paura che li portò a fare un passo indietro”.
La prossima udienza del processo Borsellino quater si terrà alle ore 9.30 del 6 maggio e, in quell’occasione, saranno sentiti l’ex pubblico ministero Massimo Russo, Luciano Violante che è stato il presidente della commissione parlamentare antimafia fra il 1992 e il 1994 e il giornalista Raul Passaretti.