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Trattativa tra Hamas e Israele scongiura “Pillar of Cloud”: quanto durerà?

Creato il 22 novembre 2012 da Thefreak @TheFreak_ITA

Per più di una settimana, tra Gaza e Gerusalemme si è profilato ancora una volta lo spettro del genocidio.

Dopo otto giorni di morte, è stato ieri raggiunto, con una rilevante influenza egiziana, un accordo per il cessate il fuoco, poi annunciato al Cairo dal Ministro degli Esteri egiziano Kamel Amr, durante una conferenza stampa congiunta con il Segretario di Stato Usa Hillary Clinton.

Tre i punti fondamentali del patto:

- l’interruzione di ogni forma di attacco aereo, terrestre o marittimo di Israele contro Gaza;

- la cessazione dei lanci di razzi e delle offensive sulla linea di confine da parte palestinese;

- la questione dei valichi, la cui apertura potrebbe interessare quelli compresi tra la Srtiscia di Gaza e l’Egitto e i punti a ridosso di Israele.

Nonostante la solidità ancora incerta della tregua, l’azione congiunta della Clinton e di Mohammed Morsi, Presidente egiziano, ha posto un freno all’escalation di sangue registrata negli ultimi giorni, soprattutto in territorio palestinese (146 morti palestinesi di cui 30 bambini).

Lo scorso 14 Novembre le Forze Armate Israeliane, a seguito del crescente numero di missili provenienti dai territori della Striscia, danno inizio all’operazione “Colonna di Nuvola”.

Il primo atto è l’omicidio mirato del capo militare di Hamas, Ahamad al-Ja’bari, operato tramite attacco aereo.

Da quel momento Israele, avvalendosi del “diritto di difesa”, bombarda incessantemente la Striscia di Gaza, il posto che più di ogni altro al mondo merita la definizione di prigione a cielo aperto. Una prigione i cui condannati stanno espiando da anni un conflitto fatto di orrore indiscriminato.

Dal 1948 le vite di migliaia di palestinesi (attualmente si contano 1.700.000 abitanti) , sono compresse in un lembo di terra lungo 41 Km, soffocato da un groviglio di edifici e circondato da un mare inquinato di fogne, che percorrono i campi profughi e si riversano senza filtri nel Mediterraneo.

La sovrappopolazione è il male minore per Gaza, tanto quanto la minaccia di attentati lo è per Tel Aviv. Il cancro di questa terra è fatto di esasperazione e rabbia che, da decenni, si sostanziano in un interminato furto di vite e di futuro.

La reciprocità della violenza è un dato innegabile, così come è altrettanto innegabile la disparità di contesto. D’altronde i palestinesi sono sprovvisti di una Marina Militare, di un’Aviazione e di un Esercito.

Un altro dato certo riguarda l’incoerenza della comunità internazionale, ciclicamente schierata ad appoggiare una o l’altra parte, spesso dietro interessi che purtroppo hanno poco a che fare con la tutela dei diritti umani, derivando piuttosto da obiettivi di profitto in termini di influenza politica.

Trattativa tra Hamas e Israele scongiura “Pillar of Cloud”: quanto durerà?

Grazie alla pressione dell’Egitto, la tregua, che inizialmente sembrava l’ultima delle ipotesi (si ricordino a tal proposito le prime dichiarazioni di Eli Yishal, Ministro degli Interni israeliano: “Il nostro obiettivo è riportare Gaza indietro al Medioevo. Solo a quel punto Israele se ne starà tranquilla per quarant’anni.”), è stata per ora siglata. Per quanto sarà mantenuta? E chi possiamo considerare predominante in termini di pressione politica?

Secondo Yossi Bar, giornalista della Radio Pubblica Israeliana, il grande vincitore del “round” sarebbe proprio Hamas, uscita rafforzata in termini di credibilità  istituzionale. E’ stato infatti Morsi, da subito dichiarato sostenitore del “Movimento Islamico di Resistenza”, a farsi garante della negoziazione.

Certo, la ricostruzione delle macerie di questi due popoli parte dalla politica, ma, a nostro parere, in una fase ancora delicata e incerta, è obbligo primario tenere alta l’attenzione sulla questione dei diritti umani.

Lo facciamo attraverso Vittorio Arrigoni, reporter, scrittore e attivista, morto a Gaza il 15 Aprile 2011, le cui parole esprimono, con un’atroce metafora, il significato della dannazione di un conflitto perenne:

“Prendi dei gattini, dei teneri micetti e mettili dentro una scatola” mi dice Jamal, chirurgo dell’ospedale Al Shifa, il principale di Gaza, mentre un infermiere pone per terra dinnanzi a noi proprio un paio di scatoloni di cartone, coperti di chiazze di sangue. “Sigilla la scatola, quindi con tutto il tuo peso e la tua forza saltaci sopra sino a quando senti scricchiolare gli ossicini, e l’ultimo miagolio soffocato.” Fisso gli scatoloni attonito, il dottore continua “Cerca ora di immaginare cosa accadrebbe subito dopo la diffusione di una scena del genere, la reazione giustamente sdegnata dell’opinione pubblica mondiale, le denunce delle organizzazioni animaliste…” il dottore continua il suo racconto e io non riesco a spostare un attimo gli occhi da quelle scatole poggiate dinnanzi ai miei piedi. “Israele ha rinchiuso centinaia di civili in una scuola come in una scatola, decine di bambini, e poi l’ha schiacciata con tutto il peso delle sue bombe. E quale sono state le reazioni nel mondo? Quasi nulla. Tanto valeva nascere animali, piuttosto che palestinesi, saremmo stati più tutelati.”

A cura di Lilith Fiorillo, con la collaborazione di Andrea Lisi


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