Trattato transatlantico: l’Europa come Portorico

Creato il 19 ottobre 2014 da Albertocapece

E’ con vero sgomento che vedo moltiplicarsi sui siti e i fogli residui della sinistra analisi e prese di posizione contro il trattato transatlantico. Con sgomento perché i cardini di questo nuovo attentato alla democrazia che passa sotto le vesti apparenti di un accordo commerciale, sono conosciuti oggi esattamente come lo erano più di un anno fa, quando cominciarono le trattative, ovviamente tenute segrete, ovviamente affollate di lobbisti, per giungere a questo assorbimento dell’Europa nel ventre mai sazio del liberismo Usa e dunque anche dentro le dottrine geopolitiche di Washington. Con avvilimento perché in mezzo ci sono state le elezioni europee dove questo argomento è stato completamente ignorato pur essendo da molti punti di vista uno snodo epocale.

Questo perché i conservatori non avevano alcun interesse a parlarne esplicitamente, perché le nuove destre, schizofrenicamente divise tra nazionalismo, localismo e universalismo capitalistico, non erano in grado di affrontare il discorso senza mettere in luce la contraddizione, i movimenti euroscettici perché troppo concentrati sull’austerità, le sinistre, compresa molta parte di quelle cosiddette radicali, perché il trattato avrebbe messo in crisi l’irenico e generico compromesso dell’altra Europa. Fatto sta che quando ancora si poteva essere efficaci nel fare una barriera contro lo scandaloso trattato, non si è fatto nulla.

Eppure ciò che si profilava attraverso il Ttip erano due cose molto chiare. Per prima la scomparsa definitiva del modello europeo, trascinato dalle sue scelte ultraliberiste e monetarie, verso l’assorbimento in un’area di cosiddetto libero scambio, dove è appunto lo scambio stesso il punto focale di tutto, con il sacrificio sul suo altare di ogni limite giuridico, sociale e politico che possa creare difficoltà alle multinazionali di ogni tipo. Le quali avranno anzi il diritto di sanzionare gli stati che pongono loro delle difficoltà con sciagurate leggi sulle tutele del lavoro o sulla sicurezza sanitaria, ambientale e alimentare dei cittadini o ancora sulla regolamentazione della finanza, pretendendo, in caso di resistenza, risarcimenti miliardari imposti da tribunali speciali sostanzialmente composti da lobbisti e avvocati aziendali . La seconda è che l’Europa perde ogni indipendenza come entità economico – politica per finire nelle grinfie di Wasghington ormai ossessivamente tesa a resistere al proprio declino e timorosa che il vecchio continente possa giocare un ruolo a tutto campo anche con gli altri e nuovi protagonisti della scena mondiale.

Negli Usa non ci si chiede nemmeno come possa essere accaduto che la Cina abbia superato gli States proprio quest’anno, o che fra cinque anni  la produzione di Cina, India e Brasile supererà quella di tutto il Nord America, del Giappone e dell’Europa messi assieme, né come mai il sud del mondo vada sviluppando a ritmi impressionanti un proprio mercato interno che lo rende di fatto incontrollabile dai monatti dell’Fmi o della Banca mondiale e anche dai G variamente numerati dove solitamente vengono imposti i diktat contro il lavoro e la dignità delle persone, considerate ormai merce. Chiederselo sarebbe come mettere in crisi il mito americano e meno aulicamente fare i conti con un’economia e un sistema che si regge in gran parte sulla centralità del dollaro. Quindi l’unica strategia è quella di conservare con le unghie e con i denti la primazia globale creando una sorta di blocco mercatista anche attraverso un analogo patto con alcuni Paesi della sponda pacifica (Ttp): il fatto è che ormai la spinta geopolitica ha persino superato quella ideologico commerciale ed è assai più difficile, dopo la vicenda Ucraina che ha fatto maturare in pochi mesi situazioni incipienti, resistere alle lusinghe e alle minacce di Washington che è arrivata, in Germania, ad offrire 20 mila dollari a chi organizzasse incontri e conferenze favorevoli al Ttip. Non certo con la commissione europea ancor più conservatrice e bancocentrica di quella precedente, uscita fuori dalle elezioni.

Quindi mi chiedo perché le forze più responsabili hanno finora taciuto, aspettando che gli incontri per il trattato si concludessero per cominciare ad agitarsi. Perché non si siano organizzate, non abbiano manifestato e nemmeno raccolto firme, insomma non siano intervenute prima, come accadde per un analogo, anche se meno radicale tentativo di mercatizzare la democrazia attuato dall’ Ocse a metà degli anni ’90. Per distrazione, per poco coraggio, per una radicalità contraddittoria che sfocia nell’incertezza? Mi limito ad osservare che l’europeismo di maniera ha portato  ad esiti disastrosi per la stessa Europa che si avvia ad essere in amministrazione controllata, una specie di gigantesca Portorico e a ritardi nella reazione che costringerà molti burbanzosi maestri di retoriche a fare gli amerikani.


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