Dei nostri incontriogni istante festeggiavamocome un'epifania,soli nell'universo tutto.Più ardita e lieve d'un battito d'aliper le scale correvicome un capogiro,precedendomi tra cortine di umido lillànel tuo regno dall'altra parte dello specchio.Quando la notte venneebbi da te la grazia.Si spalancarono le porte dell'altaree le tenebre illuminò,chinandosi lenta, la tua nudità.E io, destandomi, "sii benedetta", dissi,pur sapendo che oltraggio era la mia benedizione.Tu dormivi,e a sfiorarti le palpebre col suo violettoa te tendeva, dal tavolo, il lillà.E le tue palpebre sfiorate di violettoerano quiete, e calda la tua mano.E nel cristallo pulsavano i fiumi,fumavano le montagne, luceva il mare.E tu tenevi in mano la sfera di cristallo,e tu in trono dormivi,e, Dio !tu eri mia.Poi ti destasti,e trasfigurando il quotidiano vocabolario umanoa piena voce pronunciasti" Tu ! "E la parola svelò il suo vero significato,e zar divenne.Nel mondo tutto fu trasfigurato,anche le cose semplici,- il catino, la brocca, l'acquache sta fra noi come una sentinella,inerte e dura.Chissà dove fummo spinti...Dinanzi a noi si stesero, come miraggi,città nate da un prodigio.La mente sola si stendevasotto i nostri piedi,e gli uccelli c'eran compagni di viaggio,e i pesci balzavano dal fiume,e il cielo si spalancava ai nostri occhiquando il destino seguiva i nostri passi
come un pazzo con il rasoio in mano. (foto,Brassaï )