Travaglio intervista Grillo. Poche idee e molto confuse

Creato il 14 giugno 2012 da Societa' Critica @societacritica

Uno scenario agghiacciante, un’atmosfera desolante: se la politica fa schifo l’antipolitica non è da meno, forse perché sono due facce della stessa medaglia: l’Italia. Il quadro che emerge dalla conversazione di Marco Travaglio con Beppe Grillo pubblicata ieri sul Fatto Quotidiano è allarmante.

Innanzitutto per lo stile (già visto) e poi per il contenuto (caotico). Il comico accoglie il giornalista “mentre strimpella la sua pianola canticchiando su una base vagamente jazz nel salotto della sua villa bianca con vista sula mare di Sant’Ilario”, scenetta che evoca sinistramente il Berlusconi di bianco vestito versione “cantautore” che incanta i suoi ospiti nel giardino di Villa Certosa accompagnato da Mario Apicella alla chitarra.

Partiamo male e continuano peggio. Poco dopo l’inizio infatti Travaglio avverte dell’arrivo dell’Intero “Comitato Centrale del terribile M5S”. Non è la schiera degli ex dirigenti Mediaset come usava fare Berlusconi ma forse è ancora peggio. La famiglia. Grillo non si affianca di giovani professionisti esperti, “cazzuti”, che un movimento dato dai sondaggi al 20% dovrebbe già avere. No. Si circonda di parenti: fratello, cognata, nipoti. E la suocera? Avrà preparato il caffè a Travaglio. Bossi aveva Renzo, Riccardo e Rosy. Grillo ha Andrea, Parvin, Rocco e Ciro. Dai professionisti della politica stiamo passando vertiginosamente ai dilettanti dell’antipolitica. L’ameno quadretto di casa Grillo che cosa ci rivela? Che il comico genovese ha paura del vuoto e forse anche del voto: “Se ne stanno andando troppo in fretta. Io faccio di tutto per rallentare, mi invento qualche cazzata per dargli un po’ di ossigeno, ma non c’è niente da fare, non si riesce a stargli dietro. Devo darmi una calmata nell’attaccare i partiti”. Il M5S per il suo guru si sarebbe dovuto fermare alle amministrative, non sconfinare nelle politiche. Come chiedere ad un atleta che fa i 100m in 9 secondi di non partecipare alle Olimpiadi.

Il Parlamento di Grillo? Simile ad un assemblea di Istituto di molti licei italiani: “Ragazzi, professori, esperti. I nostri cinquestelle, i no-tav, quelli dell’acqua pubblica, dei beni comuni, gli altri referendari”. Le alleanze? Confuse. Forse con Di Pietro, “perché non lo vuole più nessuno”. Gli altri partiti? Poveretti. Il Pd? Già morto. Napolitano? Anche lui. Sporcarsi le mani e capire veramente cosa significa governare un paese? “Non ci casco… Io nel palazzo non ci entro: non mi lascio ingabbiare”.

Il Programma? Domanda successiva?

La democrazia interna al partito? Roba da Veltroni e D’Alema. Il movimento 5, 10, 1000, un milione di stelle è orizzontale. Forse occuperà l’intera volta celeste, non ha bisogno di regole.

I Candidati? Li sceglierà la rete. Ma fino ad ora è Grillo che decide e da partenti. L’ euro? Da buttare. La nostra Costituzione? Da cambiare. La destra e la sinistra? Obsolete. L’inesperienza dei grillini? So’ ragazzi….

Le materie spinose e le cose da fare? “Troppo grandi per i partiti, faremo decidere le persone direttamente”. Populismo allo stato puro. Quando un leader ed un movimento politico non sanno cosa scegliere e non sono in grado di farsi un idea lasciano scegliere (falsamente) alla gente. Non per un vero spirito democratico ma per mancanza di leadership, di iniziative, di proposte, ma soprattutto per lisciare il pelo al fantomatico “popolo”.

I politici in tv? Penosi. E se i grillini falliscono? Ci sarà un’altra piazza Loreto. Tutto qui? Sì.

E questo è colui che dovrebbe salvare la patria? Ma scherziamo? Lasciamo i grilli nei prati ed i comici nei teatri. A noi dateci dei politici. Quelli veri. Quelli che con una sola parola potrebbero zittire Grillo, quelli che sanno dare segnali di speranza e non solo di rottura. Quelli che in qualcosa credono ancora, quelli che non vogliono fare tutto da soli, e quelli che non devono sempre chiedere aiuto al popolo. Quelli a cui si può delegare alcune responsabilità e che non mandano tutto “a puttane” e nemmeno ci vanno. La vecchia politica e la neonata politica dell’italia odierna rimangono due ricette sbagliate, l’intervista di Travaglio lo conferma. O no?


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