Dai che mi sta passando, in fondo non è niente di grave; è solo che quando cadi in una vicenda kafkiana, ti innervosisci ed è sbagliato. Magari prima o poi ve la racconto perchè fa proprio ridere. Invece oggi cade un giorno particolare, che voglio condividere con voi tutti, proprio perchè c'entrate anche voi che avete la pazienza di stare a sentire questo stillicidio di vaneggiamento tuttologico e multiforme. Infatti , il Vento dell'Est compie tre anni. Che non è poco, per uno che faceva fatica a scrivere un biglietto di auguri. Superati gli 800 post; oltre 40.000 contatti; quasi 100.000 pagine visitate e 15.000 visitatori unici da 110 nazioni diverse e l'ultima chicca, proprio ieri da parte di Kilie, che abbraccio con simpatia, essendo arrivata da poco, il 3millesimo commento, che per questo si merita citazione e linkaggio. Contemporaneamente per la gioia di molti (ricevo continui rimproveri verbali per il mio assillare) è partita la newsletter n. 200. Mi assicurano, quelli che sanno le cose, di non alzare la cresta, che sono cifre piccole, lo so, da blogghetto di periferia, in linea con la mancanza di specializzazione del lavoro; giustamente la gente ha meno interesse a perdere tempo con le parole in libertà degli altri, men che meno a commentare sul nulla e sul non specifico, ma vi assicuro che, in ogni caso, mai avrei pensato, all'inizio, che questa attività avesse questi numeri e potesse dare questo piacere. Non solo, ma il sistema ha fatto sì che, per relazione causa-effetto, ne sia nato anche un libro, la cosiddetta versione cartacea, cosa che mai avrei pensato di fare nella vita e che ha ottenuto anche un consistente successo editoriale, permettete almeno che ne meni vanto, avendo solo in quest'ultimo mese addirittura raddoppiato le vendite effettive. Il blog è davvero uno strumento potente. Riassume in un unico sistema una serie di potenzialità inconsuete.
Un gran numero di persone ha sempre ambito a scrivere i propri pensieri ed i propri sfoghi, ma anche se nella maggior parte dei casi la naturale voglia di esibizione li avrebbe voluto mostrare al mondo, questi rimanevano nel fondo di un cassetto, come morti, come le casse di diapositive accumulate nel corso degli anni a prendere polvere ed a scolorirsi man mano. Invece quello che adesso sto scrivendo, non solo è ontologicamente a disposizione di chiunque voglia leggerlo, che stia in Nuova Zelanda o in Perù o soltanto dietro casa mia, ma costui, subito dopo, può intervenire, dire che non è d'accordo e arricchire la discussione con il proprio punto di vista. Per tutto questo, grazie ad Adriana che mi ha iniettato il virus, grazie a tutti per il vostro interesse che continua a stupirmi e che aiuta certo molto a continuare 'sta cosa, che comunque rappresenta un impegno decisamente piacevole e che ovviamente non mi avrebbe accalappiato se non mi desse in ogni caso una intrinseca soddisfazione. Vedremo fino a quando il piacere di farlo manterrà viva la voglia (per altre cose ho constatato che le due sensazioni viaggiano di pari passo). In effetti tutto questo può sembrare davvero incredibile ed è la forza vera del mezzo e la ragione del suo successo, incluso il fatto che ogni cosa, immagini, scritti, musica e chi più ne ha più ne metta, resterà lì, in sonno ma disponibile, per lo meno fino a quando tutto il supporto e il meccanismo rimarranno in funzione. La pergamena sta resistendo da un paio di millenni, le tavolette di argilla da oltre 4000, i chip di silicio, chissà.
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