Tre libri di viaggio su posti dove (probabilmente) non sei stato

Creato il 02 aprile 2013 da Patrickc

Oggi scrivo di tre libri che raccontano tre viaggi molto diversi in Paesi decisamente poco visitati da viaggiatori, e tantomeno turisti.

CongoFiume di sangue - di Tim Butcher

[Corbaccio, 2009, 399 pagine Isbn 9788879729499]

In moto, a piedi, su una barca o su una canoa, massacarato dalle zanzare e dalle malattie. Un viaggio di 4,500 chilometri verso il mare fra pericoli e difficoltà. Tim Butcher attraversa ferrovie sepolte dal fango e dalla foresta, campi minati, grandi città completamente isolate dal resto del mondo in mezzo a giungle e acquitrini, dove i palazzi cadono a pezzi sbriciolati dall’umidità e dall’oblio. Ci racconta di bande sanguinarie, massacri, cannibali e di mercanti che trascinano per decine di giorni quintali di povera mercanzia su vecchie bici attraverso giungle e savane. Descrive terre bagnate da un fiume tinto di rosso dai cadaveri e dalla ruggine delle navi in rovina che narrano di un passato remoto e impossibile. Non è il mondo feroce e distopico di ‘La strada’ di Cormac McCarthy, ma il Congo di oggi. Tim Butcher, scrittore e giornalista del quotidiano inglese Daily Telegraph, nel 2004 si è imbarcato nel viaggio compiuto nel 1874 dal suo antico collega Henry Stanley, dal lago Tanganika alla foce del fiume Congo. Butcher incontra missionari e burocrati, volontari dalla fiducia incrollabile, vecchi funzionari che ancora vivono in un mondo del passato, capistazione che aspettano un treno che non passerà mai più. E poi racconta il suo lungo, faticoso viaggio, muovendosi in un Paese incredibilmente simile a quello attraversato nel 1800 da Stanley, mantendendosi in equilibro fra storia e presente per cercare di descrivere l’anima di un paese dilaniato, massacrato dagli europei per secoli. Da quando i primi viaggiatori risalirono il fiume Congo, per arrivare allo schiavismo e allo spietato dominio belga, fino all’indipendenza, alle continue guerre e all’incapacità di prendere le redini della propria storia oggi, fra corruzione e violenza. Un libro bello e sconcertante.

Paraguay- Sulla tomba del maiale gonfiabile - di John Gimlette

[Rizzoli (fuori catalogo), 2011. 411 pagine Isbn 9788817006569]

Lo so, il Paraguay non è il classico paese ‘remoto’ o pericoloso. Ma per qualche motivo è un po’ un ‘buco nero’. Non ne leggo mai notizie, né sui giornali, né su internet. Le uniche cose che sembrano far notizia sono legate al calcio (ricordate Chilavert?) E come se non bastasse, il Paraguay sembra fuori dai percorsi di molti viaggiatori. Ho conosciuto più persone che siano state in Mongolia e in Siberia che persone che siano state in Paraguay (zero). John Gimlette, autore poco conosciuto in Italia,  ha viaggiato in Paraguay ben tre volte e racconta un Paese folle e tragico, pittoresco ed ermetico, che mette in scena tutti gli archetipi della storia dell’America latina. Gimlette scrive con ironia e leggerezza, ma senza dimenticare la storia, con lunghe digressioni, e la precisione nelle descrizioni. Si muove nel solco di Mark Twain, o di Bill Bryson (fra i miei scrittori preferiti) e il libro, nonostante sia molto lungo, scivola via facilmente in un’atmosfera surreale, quasi onirica. Purtroppo la traduzione non gli rende particolarmente giustizia (grazie a Lorenzo Cairoli che me lo fece scoprire).

Afghanistan – Afghanistan picture show, ovvero come ho salvato il mondo - di William T. Vollmann

[Alet, 2005, 344 pagine Isbn 9788875200114]

Ammetto, apprezzo Vollmann, ma non sono sicuro di capirlo sempre. E non sono sicuro di aver capito questo libro, anche se non credo ci sia molto da capire dietro al significato più immediato. Nel 1982, durante l’invasione sovietica, lo scrittore – con una certa ingenuità – va spericolatamente  in Afghanistan e per un periodo si unisce anche ai mujaheddin. Vorrebbe aiutare, fare qualcosa, ma risulta sempre un peso, sempre fuori posto, e incapace di comunicare veramente. Credo il senso sia tutto qui. Ma il libro mantiene quel che promette (il titolo è tratto da una proiezione di diapositive che l’autore fece al rientro a casa): una serie di immagini, di situazioni descritte in maniera ingenua, ma tagliente (paradosso solo apparente). E’un’avventura che scivola via, piena di immagini vivide, ma forse con poco spessore. E credo che Vollman l’abbia vissuta così.  E’ molto differente da qualsiasi libro di viaggio che abbia letto, credo sia un complimento, per uno scrittore.


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