Trekking: ai Pizzoni di Laveno con il “cavallo di San Francesco”

Creato il 03 maggio 2014 da Nonsoloturisti @viaggiatori

I Pizzoni, con una cresta dentellata e una quota di mille metri, fiancheggiano la sponda varesina del Lago Maggiore da Laveno a Caldè. Un panorama spettacolare che spazia dalle Isole Borromee alla Svizzera, le montagne che ne sovrastano la sponda occidentale vanno dal Mottarone al Monte Zelda. Sullo sfondo si stagliano le Alpi, dal Monviso al Monterosa. Ad est, invece, si apre dolcemente il verde paesaggio delle Prealpi dalla Val Cuvia a Campo.

Laveno, denominata da alcuni “la capitale turistica della sponda orientale”, viene anche considerata “il paese della ceramica”.
Le prime notizie risalgono all’epoca romana e pare che il nome derivi dal generale romano Labieno, che aveva contrastato i Galli sulle alture dell’agglomerato più antico, Mombello (la cui origine etimologica sarebbe Mons Belli ossia “Monte della Guerra”). Si tratta di un’incantevole località sul Lago Maggiore che richiama frotte di turisti anche per le suggestive isole in esso incastonate, come piccole gemme preziose di un monile già regale.

Il 2013 ha segnato il cinquantesimo dell’inaugurazione dell’impianto di risalita a fune di Laveno Mombello che in circa 15 minuti conduce dal cuore di Laveno alla vetta del monte Sasso del Ferro, raggiungendo la località Pizzone impropriamente chiamata Poggio Sant’Elsa, dal nome della moglie del primo costruttore di Legnano. Arrivati in cima si gode una vista a 360 gradi a dir poco mozzafiato sui laghi varesini ed in particolare su quello Maggiore. Lo sguardo si perde su luoghi di grande richiamo come l’Eremo di Santa Caterina, le Isole Borromee e l’inconfondibile massiccio del Monte Rosa. Una scenografia naturale con un superbo contrasto cromatico che fonde lo scintillio lacustre con la lussureggiante vegetazione e le splendide cime montuose spesso innevate.

Oltre ai turisti che si avvalgono dei mezzi loro preposti, come la funivia, esiste anche un “popolo del trekking” che ha fatto del cammino e della fatica una propria filosofia di vita avvalendosi del mezzo più low cost in assoluto, il cosiddetto “cavallo di San Francesco“.

Con passo agile e ben cadenzato, per dosare le energie, si parte assicurandosi di avere indossato l’abbigliamento tecnico adeguato, a seconda della temperatura e della difficoltà del terreno. Lo sguardo si fissa sullo spazio antistante i sentieri per sondare eventuali impedimenti e mettere in atto le dovute strategie di aggiramento di tratti rocciosi scivolosi o ramificazioni con rovi ispidi e acuminati. Il paesaggio che qui si incontra risulta molto antropizzato, con signorili soluzioni abitative che costituiscono per  tanti milanesi e non solo, un selezionato rifugio in cui ritemprarsi dalllo stress metropolitano senza rinunciare alle comodità del moderno benessere: piscine, curati giardini con relativi nanetti, barbecue…

Si parte da Vararo, una tappa alquanto panoramica che sale in cresta ai Pizzoni di Laveno, con vista sul Lago Maggiore e le Alpi e raggiunge il Passo Barbè (873 metri), la Bocca di Carscina (1025) e il Monte La Tegia (1106). L’itinerario, di circa tre chilometri, è percorribile in un’ora, dosando piacevolmente i movimenti e traendo forza dalla vista dell’agglomerato sottostante.

Scendendo  ci si collega alla Strada Provinciale 8 in località Passio del Cuvignone, e piegando a destra in direzione Cittiglio ci si dirige verso il sentiero 3V, in località Bocchetta (a 1036 metri).

A Vararo, nei pressi della frazione di Casere, ci si può soffermare per una sosta rinvigorente a base di prodotti tipici presso il ristorante “La Gigliola”, rinomato per la sua cucina rustica, un’oasi verde con una splendida vista panoramica sul lago, o poco più avanti, presso la trattoria “L’alpino”.

Un fantastico connubio quello che unisce i sapori robusti delle antiche civiltà contadine a quello visivo dei colori molteplici che connotano il dolce paesaggio, a cui si aggiunge l’intenso richiamo olfattivo offerto dalle cascate di glicini, azalee, camelie e bouganville che accarezzano lo sguardo, stanco ma straordinariamente appagato di noi ritrovati pellegrini senza tempo.

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Oltre alla passione per la scrittura, un modo per “viaggiare” con le parole nelle molteplici sfaccettature della realtà, mi piace dedicarmi al trekking e al cicloturismo. Ho iniziato a viaggiare a quattro mesi, quando i miei genitori si sono trasferiti dal sud a Milano per motivi di lavoro, ripetendo lo stesso percorso, ogni anno, fino alla maggiore età. Ho visitato molti stati europei organizzando meticolosamente il viaggio e documentandolo grazie alla mia inseparabile macchina fotografica.

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