Trekking in Indonesia con gli Orang Utan, il popolo della foresta

Creato il 03 ottobre 2014 da Nonsoloturisti @viaggiatori

Dopo nove anni vissuti a Bali, “l’Isola degli Dei”, decido finalmente di andare a fare una visita ai Red Apes, i nostri “cugini rossi”!

Orang Utan – da cui l’italiano “orango” o “orangotango” con cui vengono indicati comunemente i primati il cui nome scientifico è “Pongo” – significa “uomo della foresta”. Queste creature condividono con noi il 96.5 per cento del nostro DNA e vivono solamente in due regioni della mia amata Indonesia : Sumatra e Kalimantan, ovvero il Borneo. Si tratta di una specie protetta ed in via di estinzione.

Il villaggio da dove comincerò la mia avventura si chiama Bukit Lawang e si trova nella provincia settentrionale dell’isola di Sumatra, a sei ore circa di macchina da Medan, città da due milioni di abitanti.

Da Bali non ci sono voli diretti e faccio uno scalo tecnico a Bandung, a sud di Jakarta. Tra una cosa e l’altra, ci impiego circa otto ore ad arrivare a Medan, dove mi attende un sopir (“autista”) che mi preleva direttamente all’aeroporto per poi condurmi a destinazione. Durante queste sei ore di viaggio in macchina passo per villaggi tipici indonesiani e coltivazioni di cavoli. Sì… proprio cavoli!

Quando ci avvicinamo a Bukit Lawang mi accorgo delle immense aree di coltivazione di palme da olio completamente deforestate… uno scempio! L’utilizzo dell’olio di palma occupa il secondo posto in Indonesia per importanza. Viene impiegato principalmente per uso culinario e cosmetico, e di recente anche per uso industriale. Un business da miliardi di dollari a discapito della Natura.

I poveri Orang Utan vengono così privati della loro amata dimora e spesso uccisi per fare spazio alle coltivazioni di palme. Molti cuccioli restano orfani di genitori e vengono portati in centri specializzati che se ne prendono cura.

Una volta arrivata in questo villaggio nato intorno al fiume Bohorok mi accoglie con la tipica gentilezza locale Komang, il manager dell’hotel in cui ho prenotato. Subito mi fa incontrare Made, la guida che mi porterà l’indomani a fare trekking assieme a due coppie di neozelandesi ed un fotografo australiano.

Il teatro delle nostre attività è il Gunung Leuser National Park che copre una superficie di quasi 8000 chilometri quadrati con la sua fittissima foresta pluviale ed è considerato Patrimonio dell’Umanità UNESCO.

Alle sei del mattino il sole è già alto in Indonesia, l’umidità del 98 per cento non mi sconvolge dato che ci sono abituata. Mi alzo, mi ricopro di spray anti-zanzare e faccio colazione. Alle 7.30 la nostra guida Made ci spiego tutto ciò che occorre sapere sulla scalata e sul campeggio dove passeremo la prima notte.

Si tratta di un trekking di tre giorni e due notti. Dopo aver consegnato gli zaini alla guida lasciamo l’hotel e iniziamo ad addentrarci nella giungla. Dato che gli oranghi interagiscono con i visitatori sanno anche che dentro agli zaini possono esserci banane o comunque cibo e, dati i due recenti casi di turisti aggrediti, abbiamo lasciato tutto in mano alla guida proprio per evitare possibili attacchi.

Le creature sono allo stato selvaggio, per cui libere e senza alcuna certezza di poterle incontrare. Un’ora e mezza dopo la dura salita in mezzo a palme e felci finalmente ne sbuca uno di taglia media, e subito scende dalla sua tana per raggiungerci!

Si tiene con le sue lunghe braccia alle liane da dove si stacca solo per andare da un’albero all’altro. Made tira fuori due cesti di banane e rapidamente le distribuisce a noi. Io ovviamente le allungo all’orango che le divora senza neanche masticarle. Ingordo, ne vuole altre e mi batte sulla spalla come per dirmi: “Allora, me ne dai ancora?!”

Io gli prendo la zampa che è praticamente identica alla nostra mano e gliela accarezzo. Lui insinste per avere il suo compenso di banane e imperterrito aspetta. Me ne faccio dare altre da Made che si mette a ridere, dicendo che è molto viziato! Io sono estatica, non mi pare vero…

Proseguiamo dopo questo primo incontro, saliamo e scendiamo, scivoliamo sul terreno umido. Un serpente nero e verde molto sottile mi attraversa la strada, per miracolo io guardo a terra, come se me lo sentissi… se lo avessi accidentalmente calpestato e lui mi avesse morso avrei avuto mezz’ora di vita, mi dicono le due guide!

Ci fermiamo in una specie di altopiano per fare un picnic a base di frutta fresca: finalmente un po’ di ristoro! Nelle ore successive avvistiamo (e nutriamo!) ben sei Orang Utan, tra cui una madre con figlioletto molto aggressiva dalla quale ci siamo tenuti bene alla larga. Ogni volta è una forte emozione: creature incredibili, le movenze identiche alle nostre, umani anche i loro occhi ed il modo in cui ti guardano!

Proseguiamo in discesa verso il fiume Landak, dove ci accampiamo per poi passare la notte tra ragni, pipistrelli e rane fosforescenti. Come cornice la notte stellata. L’indomani all’alba siamo tutti già pronti per proseguire il nostro viaggio nella foresta pluviale.

Siamo alla ricerca della famosa tigre di Sumatra, che sfortunatamente non si fa vedere ma in compenso pavoni e cinghiali selvaggi fanno la loro comparsa in questa avventura. La sera, l’ultima, mi ritrovo con una sanguisuga appiccicata alla caviglia… nulla di grave, ma un bel fastidio perché nonostante io l’abbia tolta, il buchino continua a sanguinare per colpa della sostanza anti-coagulante che mi è stata iniettata sottopelle.

All’alba tutti in marcia verso il fiume Bohorok per una giornata di rafting che ci riporterà a Bukit Lawang. In otto ci attreziamo e ci posizioniamo in questo gommone nero e fatto quasi a ciambella. Le due coppie, io, le due guide e il fotografo, e poi partiamo a colpi di pagaiate!

Siccome la Natura è imprevedibile, troviamo subito a pochi metri da noi un enorme serpente nero e giallo che sta guadando noncurante il fiume di traverso a noi. Tra grida e schiamazzi, Made lo stordisce con una bastonata che però non gli nuoce gravemente: dopo pochi istanti e pochi metri più a valle risbuca dall’acqua come se niente fosse e continua la sua traversata.

Due divertentissime ore e mezza di rafting! Approdati infine alla diga siamo a casa, in hotel a Bukit Lawang, completamente fradici dalla testa ai piedi, ma carichi dell’energia positiva che tutta questa bellezza della Natura ci ha regalato!


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