Trenicriminali. Solo per veri pendolari.

Creato il 07 luglio 2012 da Nottecriminale9 @NotteCriminale
di Marina Angelo

Viaggiare? E’ una pena da scontare sulle galere mobili. Lo sostengono i pendolari stipati in vagoni sgangherati, vittime di un disastro quotidiano. Ad indossare le vesti del criminale, per le vittime in viaggio, è Trenitalia. 
Mese dopo mese, infatti, non solo succhia ai viaggiatori disgraziati i costi degli abbonamenti che presupporrebbero servizi adeguati ma rinnova sontuosi contratti pubblicitari in cui enfatizza nuove filosofie sul viaggio in treno. 
Ma in che cosa consiste questa nuova filosofia? In parole. 
Dopo l’arrivo del concorrente Italo uno degli ultimi testi centrali di una pubblicità (claim) per definire un prodotto e le sue caratteristiche recita “Viaggia in tutta Italia a prezzi Mini”. 
Di mini, però, c’è solo l’attenzione che l’azienda pone al pendolare declassato in “b”. Un pendolare non tenuto in considerazione come dovrebbe come, cioè avviene nel resto del mondo. 
Chissà cosa ne pensano in merito a Manhattan, la capitale americana del pendolarismo per tratte superiori ai 90 minuti, che, nell’ultimo decennio, ha visto incrementare il popolo dei commuters (coloro i quali cambiano comune, mediante il pendolarismo) di un terzo. 
Pendolari che nel resto del mondo non sono soltanto un numero ma la classe “a” che raddoppia le popolazioni delle città in cui si reca e gli introiti delle aziende che li accompagnano durante il viaggio trattandoli, almeno, da esseri umani. 
In Italia il fenomeno del pendolarismo è nato negli anni ’30 con le Trenord ( è al nord, infatti, che la massa dei lavoratori iniziava a prendere il treno per spostarsi ed andare a lavoro). 
Oggi, in tutta la penisola, i pendolari sono stimati a circa 13 milioni. 
Un numero che pesa in tutti i sensi: secondo Moretti amministratore delegato di Trenitalia, i ricavi per passeggero a chilometro, nel servizio regionale, sarebbero di 10,8 centesimi di euro, contro i 17,2 centesimi del trasporta su gomma. Diverso dalla Germania dove i ricavi per passeggero/chilometro sarebbe di 20 centesimi e in Francia, invece, di 22 centesimi. 
Meglio la situazione inglese, dove, sempre secondo i dati forniti da Moretti, i ricavi per passeggero variano da 33 a 42 centesimi al chilometro.
Il passeggero dunque, è un numero che dovrebbe avere voce ma che si è rassegnato ad alzarla solo ogni tanto quando, dopo aver bloccato un binario e gridato “è un diritto”, è tornato al suo posto senza nemmeno avere più voglia di scegliere tra finestrino e corridoio. 
Vittime, insomma, con l’unica colpa di dover raggiungere chissà quale posto di lavoro e pronte a rimetterci la salute ma non solo. 
Nel 2013 le regioni italiane, infatti, rischiano di rimanere senza treni locali, a causa della mancanza di fondi. Ciò si tradurrebbe con meno trasporti regionali e maggiori disagi per i pendolari che per lavoro o per studio si servono dei mezzi di trasporto. 
Eppure la macchina delle locomotive si muove. 
Anche con i ricavi di cui Moretti ci informava, Trenitalia investe in pubblicità invece di migliorare il servizio, regala buone uscite da record al posto di investire per potenziare o aumentare incassi e sviluppo. 
Senza (rac)contare le volte in cui Trenitalia si scusa per il disagio, il ritardo, il cambio binario dell’ultimo secondo o chissà quale altro disservizio, raccontiamo invece di come in Italia, gli italiani, sono sempre sulla stessa “barca” (non solo gli immigrati messi a sedere nella carrozza ''standard'' da Trenitalia all’interno di un altro recente spot freccia rossa accusato di essere razzista). 
Al sud le ferrovie ed il concetto di treno sono ancora in fase di progettazione. 
Al nord si usano ancora treni sgangherati con servizi scadenti.
Vagoni scassati si fanno tuttora spazio sulle rotaie rotate per l’alta velocità. Ma sono quelli per le bestie: i pendolari. 
I treni regionali, infatti, sono quelli vecchi e infetti di tanfo misto a polvere e politica che sedimenta acari ovunque. 
La gente si accomoda, cercando di non toccare troppa roba su quei sedili vecchi e viscidi, roventi d’estate e gelati d’inverno. 
Si perché se a maggio l’aria condizionata supera la “prova costume”, a giugno e luglio non va (un guasto? possibile, ma allora si è deciso di rimandarne la riparazione a gennaio). Il risultato più semplice sarebbe quello di aprire i finestrini. 
Sarebbe, perché i vetri dai quali una volta la gente salutava amici e parenti mentre le locomotive erano già in movimento, adesso sono bloccati. 
Le ultime in merito riguardano un treno Frecciargento permatosi, qualche giorno fa, per un guasto tecnico fra Rogoredo e Melegnano, nel Milanese. 
A pagarne le conseguenze i passeggeri rimasti per oltre un'ora bloccati senza aria condizionata, e costretti a cercare refrigerio scendendo sui binari. Poco prima la stessa sorte era toccata ai 350 passeggeri del Frecciabianca Roma-Genova.
 
Carrozze frigo d’inverno, dunque, per le quali Moretti, durante le vacanze natalizie, ci invitava a portarci i viveri per la sussistenza, e forni d’estate con bagni inaccessibili tutto l’anno. Una sorta di treno-green dove all’interno è possibile trovare qualche cespuglio di vegetazione come fosse una serra atta alla coltivazione di qualche raro esemplare di “erba cattiva”. 
Ma gli italiani che viaggiano non ci fanno più caso. Si isolano con le cuffie dentro chissà quale nuovo album oppure, per chi non ha l’e-book, ci si perde dentro un libro da sfogliare. 
A richiamare la loro attenzione può essere il semplice pianto di un neonato che sembra implorare pietà. 
Così, se prima il viaggio sul serpentone era un modo per sognare ed immaginare un mondo migliore oltre il finestrino e di incontrarne uno diverso a bordo, oggi è semplicemente l’incubo dentro il quale tutti rimangono incastrati. Una tecnica narrativa che racconta come la realtà è la stessa da sempre. 
Un crimine riservato solo ai pendolari. 
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