Anno: 2013
Nazionalità: Svizzera, Portogallo, Germania
Genere: Drammatico
Regia: Bille August
Distribuzione: Archibal Entreprise Film
Uscita: 18/04/2013
Se possiamo vivere solo una piccola parte che è in noi, che ne è del resto?
Questo è solo il primo dei dilemmi filosofici che attraversano i binari di Treno di Notte per Lisbona di Bille August. Film tratto da uno dei più noti bestseller tedeschi, con quasi due milioni di copie vendute solo in Germania, scritto da Pascal Mercier.
Un uomo come tanti, un professore di lettere antiche, Raimund (Jeremy Irons) con una vita pervasa dalla noia, dalla routine anestetizzante, dal tempo che scorre inesorabile, il quale ad un certo punto, grazie ad un incontro assolutamente casuale, prende un’altra direzione, fisica e mentale, per dare un senso nuovo alla propria esistenza. Rispondendo così all’altro grande quesito del libro (e quindi del film): Si può cambiare la propria vita in un istante?
Un irrazionale viaggio da Berna a Lisbona, sulle tracce di un medico filosofo rivoluzionario portoghese, Amedeu, un tragitto sopratutto interiore, in cui Raimund scegliere di vivere un’altra vita, diversa dalla sua, diversa da chi è lui. Una vita che sappia dare finalmente delle risposte ai tanti interrogativi sull’esistenza che lo assalgono come intellettuale e come uomo. E’ solo uscendo da se stesso che Raimund riesce a vivere pienamente, in balìa della casualità che è fatta di incontri, parole e memorie. Unico movente della sua fuga: un libro, L’Orafo delle Parole, trovato nel cappotto rosso di una misteriosa straniera che minaccia di gettarsi da un ponte di Berna e che, una volta salvata, scompare all’improvviso. Raimund cerca un’ombra e alla fine trova se stesso; in realtà egli non cerca un fantasma ma sta rifuggendo dal suo di fantasma, dalla figura sfocata e inconsistente in cui si è trasformato negli anni. La letteratura, l’immaginazione e la Storia per Raimund fanno da ponte verso un mondo di possibilità e di esperienze, di pensiero e di azione.
August realizza un thriller psicologico di grandi sentimenti e profonde riflessioni, che appare però un po’ troppo statico e didascalico. Il compito di un film tratto da un libro è quello di comunicare attraverso l’emozione il messaggio dell’opera. E’ facile intuire che un libro come Treno di notte per Lisbona, prevalentemente filosofico, possa rendere la trasposizione sul grande schermo particolarmente complicata. Le nozioni filosofiche del libro, citate dalla voce narrante del protagonista, pur essendo pertinenti alla storia e alla condizione del personaggio, costituiscono un intralcio allo svolgimento della narrazione che non è fluida e manca di ritmo. Inoltre, il regista danese sceglie di far fluttuare il racconto dal passato al presente, la folle ricerca di Raimund e la storia di Amedeu, creando un dislivello tra i due piani temporali, valorizzando molto di più i flashbacks che le scene ambientate nel presente, meno intense e autentiche, con un Raimund, a volte troppo svampito da risultare poco credibile. Centrale il ruolo dei “luoghi” nel film, ben rappresentati dai due scenari antitetici di Berna e Lisbona: Amedeu, giovane affamato di conoscenza e di esperienza, vede il viaggio come metafora della vita stessa. Noi non lasciamo davvero nessun luogo perché in ognuno di essi resta una parte di noi, quel noi che siamo stati solo in quel determinato luogo. E se mai tornassimo in quel medesimo luogo potremmo riconciliarci con quella versione di noi, con quel frammento infinitesimale di “quella tessitura così informe e bizzarra” che è il nostro essere.
Il gioco di specchi tra Amedeu e Raimund consente a quest’ultimo di essere contemporaneamente se stesso e un altro, il resto di sé che non conosceva, di azzerare la sua vita e farla partire da un punto stabilito dal caso. Tutto questo rende il film un soggetto interessante, pur negli intrecci un po’ stantii dei triangoli amorosi e delle rivoluzioni politiche fallite. Tra suspense, melodramma e impegno politico si delinea la figura di Amedeu, che emerge dal libro rubato da Raimund e prende corpo attraverso la parola; con lui tornano in vita la sua lotta contro il regime fascista di Salazar, la sua passione per la medicina, l’amore per la ribelle Estefania. Ma la materia resta troppa per essere contenuta in un film, perlomeno in questo, e l’unica urgenza per lo spettatore, a proiezione terminata, è quella di leggere il libro, per scavare a fondo nel pensiero di Amedeu, che è l’unico personaggio veramente pregnante.
Ad illuminare anche le scene meno brillanti vi è un cast di tutto rispetto: dal protagonista Jeremy Irons, alla fascinosa Mélanie Laurent, all’impeccabile Jack Houston e l’algida Charlotte Rampling. Un plauso speciale al cameo di Christopher Lee che appare persino più in forma di Jeremy Irons.
Maria Cristina Locuratolo