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Trentenni sempre più a casa di mamma e papà. Ma non sono choosy e bamboccioni. Solo i figli di un’Italia da schifo

Creato il 22 dicembre 2012 da Iljester

disoccupazione-giovaniQualche tempo fa scrissi un articolo sulle politiche familiari, del tutto inesistenti in Italia. Si pensa ai matrimoni omo o agli immigrati, ma alla famiglia i politici non ci pensano affatto. Fino a qualche decennio fa, la famiglia era il centro di qualsiasi programma politico, oggi sta ai margini, quasi snobbata, perché non più politicamente corretta.

E i risultati si vedono proprio nella dura realtà di chi, giovane e meno giovane, è restio ad abbandonare il tetto domestico. E non tanto perché si è pigri, ma perché là fuori non c’è nulla, non ci sono opportunità per costruirsi una vita autonoma, non ci sono realtà imprenditoriali che permettano di riscattare nel lavoro gli anni di studio. Non ci sono insomma occasioni che diano al giovane la possibilità di crescere, di realizzarsi e di farsi una famiglia. E questo perché non ci sono leggi che le favoriscano.

Dunque è davvero ridicolo, se non offensivo dare del choosy o del bamboccione a un ragazzo, semplicemente perché sta a casa e non lavora o lavora da precario. Certo, indubbiamente con mamma e papà abita anche la categoria degli scansafatiche, ma è altrettanto indubbio che la società odierna, così ostile nei confronti dei valori fondamentali che hanno reso grande la nostra civiltà – famiglia e impresa – non fa nulla per valorizzare le nuove generazioni. E così i nostri ragazzi stanno a casa, ad aspettare la grande occasione, che non verrà mai. Meglio i 400 euro di un call center e un piatto di minestra nel mentre.

Secondo i dati dell’ISTAT, dell’INPS e del ministero del Lavoro, i ragazzi che “scelgono” di restare nella casa dei genitori sono aumentati in quest’ultimo anno di 120 mila unità, attestandosi a circa 7 milioni. E a quanto pare il trend è destinato ad aumentare, complice la crisi, ma anche – come dicevo – una società refrattaria al rinnovamento e alle scommesse sui giovani e sulle nuove idee. In questo paese è più facile che ottenga solidarietà e aiuto un immigrato, anziché un giovane italiano desideroso di farsi una famiglia.

Sembra un’iperbole sociale, ma non lo è. I politici oggi spendono tempo, denaro ed energie per convincerci di quanto sia bella l’integrazione e il multiculturalismo e quanto sia utile che arrivino frotte di immigrati dall’Africa. Spendono parole, energie e denaro per inculcarci nella nostra dannata testa di eterosessuali che in fondo, una “famiglia” gay o lesbica è uguale a una famiglia etero. Ma non fanno nulla – dico nulla – per le famiglie naturali e per i giovani italiani che quelle famiglie dovranno (o dovrebbero) costruirsi, affinché ci sia un futuro per tutti.

E allora ecco la verità: i choosy e i bamboccioni non sono nient’altro che il prodotto malato di questa Italia di schifo, dei suoi politici e della loro indifferenza. Un’Italia dove per avere un mutuo devi avere un lavoro a dipendenze che però nessuno ti dà. Dove per avere un lavoro a dipendenze devi avere come minimo tre master, quattro lauree e possibilmente già un’esperienza che nessuno è disposto a farti fare perché non hai… esperienza. Ovvero, in alternativa alle suddette lauree, master ed esperienze, devi avere l’appoggio, la spintarella, o il calcio nel sedere, possibilmente grosso e importante. Ovvero ancora, in alternative alle precedenti, devi essere figlio di qualcuno (professore, notaio, politico, avvocato di grido, grosso imprenditore ecc.) o quantomeno suo nipote.

Una degradante e triste realtà che fa il paio perfetto con un’altra ancor più inquietante verità: l’Italia sta cadendo letteralmente a pezzi, si sta disgregando culturalmente e identitariamente, e i suoi rottami vengono svenduti a quelle società e quelle culture che i figli li fanno e li esportano pure. Perché anche questa è una forma di dominazione e conquista. Anche questo è l’ineluttabile simbolo del declino di una realtà italica che non considera (più) la famiglia e i suoi giovani delle carte vincenti su cui scommettere.


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