Le indagini erano iniziate su segnalazione della preside che aveva raccolto la sfogo della ragazzina.
Dagli accertamenti degli investigatori è risultato che l'insegnante aveva inviato alla ragazzina fino ad una quarantina di sms in due giorni, il cui contenuto, secondo il giudice, mostrava «l'anomala attrazione che l'insegnante provava nei confronti dell'alunna».
Lo stesso giudice non ha però ritenuto valida l'ipotesi di reato di violenza sessuale con minorenne, in un primo tempo contestato dalla Procura di Trento, sottolineando invece da parte dell'insegnante la volontà di avviare «un'inopportuna relazione platonica».
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