Dico "variazione sul tema" perché, come spesso capita, in questi casi l'inesorabile distruzione del pianeta fa da contenitore per raccontare altro. Ma mentre spesso, o almeno ultimamente con i Maya in agguato, si va verso l'introspezione, l'amore e quant'altro oppure verso l'ultimo eroico estremo tentativo (ricordando l'Armageddon di Bay), nel caso di Tres días si gioca la carta thriller con elementi simil western. La scelta di questa particolare svolta intrapresa da Gutiérrez e Velarde, regista e sceneggiatore, di buttarsi sul thriller, cioè un genere che prevede tra le tante cose anche che una certa angoscia per la salvezza dei protagonisti, è sulla carta da incoscienti.
Com'è possibile provare speranza quando si sa, già in partenza, che nell'arco di poche ore sono comunque tutti fottuti?
La particolarità e la bellezza del film però sta proprio qua, ovvero nell'essere riuscito nell'immane impresa. (Chi ha letto Cronaca di una morte annunciata di Márquez credo abbia capito di cosa sto parlando... spreco di inutile speranza.)
Ad aumentare poi la riuscita della pellicola, come se quanto detto non bastasse, vi sono in più tre piccole particolarità. Primo: un cast striminzito ma davvero ottimo, con in primis il protagonista Victor Cavijo. Secondo: un'ambientazione indefinita che dovrebbe essere attorno agli anni '60 - particolarità questa non casuale che aiuta sia i fini narrativi che quelli scenografici. Tre: una fotografia ricercata, quasi bianchiccia, capace di essere personale e assolutamente funzionale sul livello atmosferico.
Per concludere, Tres días è un film che merita.
Se oggi non esplode tutto vi consiglio di recuperarlo.
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