Trevi, Museo San Francesco: la nostra eredità tra nobiltà e contado

Creato il 10 giugno 2015 da Goodmorningumbria @goodmrnngumbria

Pinturicchio, Madonna col Bambino

di Benedetta Tintillini

Incantevole Trevi, che affascina già da lontano, così adagiata sulla sommità di un colle, da dove digrada, contornata da ulivi.

Ulivi ai quali è fortemente legata la sua identità (in questo territorio si produce infatti l’olio extravergine Trevi DOP), a tal punto da dedicare alla cultura contadina legata alla coltivazione dell’olivo ed alla produzione dell’olio, un museo.

Meta infatti della mia visita è il Museo di San Francesco, all’interno delle cui sale viene ospitato, oltre alla Pinacoteca, l’Antiquarium ed il Museo del Territorio, il Museo della Civiltà dell’Olivo.

Nell’Antiquarium sono visibili, prevalentemente, i reperti ritrovati in località Pietrarossa, insediamento romano attraversato dal fiume Clitunno, nella cui area archeologica, da Giugno prossimo, partirà una nuova campagna di scavo. Dopo la presenza degli Umbri (è visibile una stele in lingua umbra ed alfabeto latino), Trevi diventa romana. All’interno delle sale si possono ammirare alcune epigrafi funerarie provenienti dal territorio, mentre il reperto che più suscita curiosità ed interesse è sicuramente lo scheletro di una anziana donna longobarda, rinvenuto sempre in località Pietrarossa, dove recentemente è stata scoperta una necropoli, riportando alla luce dieci sepolture.

Pala d’altare con l’incoronazione della Vergine dello Spagna

La sepoltura ricostruita, oltre al corpo dell’anziana donna, alta 1,66 e con i segni di un intervento sul cranio (sono presenti due fori), presenta alcune suppellettili come fibbie ed una brocchetta; altri oggetti, come pettini, orecchini ed altri monili, provenienti dalle stesse sepolture, possono essere ammirati nelle teche.

Il complesso museale è ospitato in alcuni ambienti dell’ex convento dei Frati Minori Conventuali, soppresso sotto il dominio napoleonico, poi trasformato in un collegio dal nobiluomo trevano Virgilio Lucarini, prima dell’attuale destinazione d’uso.

Alcuni stemmi nobiliari e cardinalizi testimoniano l’ampia presenza di famiglie nobili a Trevi.

Si passa quindi nelle sale del Museo della civiltà dell’olivo dove, attraverso ausili multimediali, plastici ed immagini vengono illustrate le varie attività intorno a tale coltura. Attrezzi per la potatura, l’aratro, gli utensili per la lavorazione dell’oliva e la spremitura sono visibili all’interno delle sale, ma soprattutto la semplice cultura contadina, la cosiddetta “saggezza popolare” è riproposta attraverso detti e proverbi: “Meglio puzzà de vino che d’olio santo” recita uno di questi, oppure “l’oliva più ciondola e più ugne”… e così via… li leggiamo con un sorriso e la consapevolezza della loro profonda e semplice verità.

E’ stata anche riprodotta e resa visibile un’antica usanza, un rito contadino per scacciare il temporale incombente, minaccia dei raccolti; uno di quei riti dove religione e superstizione vanno a braccetto: in un “bacile”, o catino, venivano piantati nella cenere ramoscelli di olivo benedetto e le candele della candelora, una volta collocato all’esterno avrebbe dovuto, con il fumo delle candele ardenti  che sale verso il cielo, scacciare il temporale e quindi, preservare il frutto della fatica nei campi.

Una collezione di lampade di terracotta testimonia i vari utilizzi dell’olio come combustibile oltre che come alimento.

Organo cinquecentesco “a muro”

Gran parte della memoria storica di Trevi è documentabile grazie agli scritti di Ser Francesco Mugnoni, notaio trevano, che nel ‘400 lasciò un’ingente quantità di memorie sulla vita della cittadina e la sua coltura dell’olivo, ed in onore del quale è stato riprodotto il suo studio.

Al piano superiore è ospitata la pinacoteca. Da un balcone è possibile ammirare in tutta la sua bellezza la pala dello Spagna raffigurante l’Incoronazione della Vergine, in uno scenografico colpo d’occhio mozzafiato. Tale pala è la replica di quella realizzata per i frati di Montesanto in Todi, ispirata a sua volta da quella realizzata dal Ghirlandaio per San Girolamo a Narni. Di fronte alla grande pala dello Spagna una Madonna con Bambino del Pinturicchio, su tavola, mai terminata, incanta per la poesia del volto e dello sfondo dove la natura è minuziosamente descritta.

Un trittico di Giovanni di Corraduccio con le storie della vita di Cristo, una deposizione di Benedetto Coda ed un gonfalone con la raffigurazione della Madonna della Misericordia, tra le opere che completano la collezione.

L’iconografia della Madonna della Misericordia, ovvero la Vergine che, sotto il suo manto, raccoglie i fedeli e li protegge, risponde a precise esigenze di culto: veniva invocata soprattutto in aiuto contro gravi eventi che colpivano la comunità come epidemie e carestie “Sotto la tua protezione Santa Madre di Dio noi cerchiamo rifugio, non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, ma liberaci da ogni pericolo o Vergine gloriosa e benedetta” recita la più antica preghiera mariana che bene esprime il significato di tale iconografia.

La chiesa di San Francesco, annessa al convento, presenta un’unica navata e l’abside con affreschi raffiguranti episodi della vita della Madonna. Originariamente completamente affrescata, conserva un notevolissimo organo monumentale del 1509, rarissimo esempio superstite di organo cinquecentesco definito “a muro”, tutt’ora funzionante.

Il complesso museale di Trevi ben rispecchia quindi la duplice cultura propria della nostra regione: la cultura popolare ed agricola di cui siamo eredi e grazie alla quale vantiamo prodotti di assoluta eccellenza (Trevi è la patria, oltre che dell’olio extravergine d’oliva, anche del sedano nero), e quella più dotta e ricercata, eredità della grande lezione artistica del nostro ‘400.



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