Tribesourcing, ovvero la tua azienda quante tribù serve?

Da Leadermax

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Da MindJumpers definizioni e sintesi del metodo per attuare ciò che chiamano Tribesourcing, il cui concetto base è: il brand vive nella mente delle persone che interagiscono con essa, che a loro volta possono essere identificati in altrettante community (o tribù/tribes).

Praticamente, bisogna identificare le varie community (clienti, dipendenti interni, potenziali clienti, talenti da assumere, persone interessate al prodotto, investitori, ecc.) che hanno a che fare, anche solo potenzialmente, con l’azienda o il brand. Una vola individuati, grazie all’ausilio dei social tools e delle teniche di social marketing, stabilire una strategia ad hoc per ciascuna tribù aiuta a creare valore, risparmiando costi e coinvolgendo le persone in modo più profondo di quanto una massiva campagna pubblicitaria possa fare solitamente.

Per applicare questo concetto è fondamentale staccarsi da quella che viene definita vecchia mentalità di marketing. Le differenze tra nuova e vecchia filosofia possono essere riassunte in questo modo:

Vecchio marketing
– Dipende tutto dalla bellezza del messaggio o della brand image e da quanto questi siano accattivanti;
– Dipende tutto dal messaggio, un buon marketer può vendere qualsiasi cosa;
– Noi sappiamo cosa va bene per il cliente, gli facciamo un favore perchè lui non sa esattamente cosa vuole;
– Noi sviluppiamo prodotti e messaggi per loro, poi li diamo in pasto saturando ogni canale di comunicazione/distribuzione;

Nuovo marketing
– E’ importante ascoltare e rispondere ai bisogni che la gente esprime;
– Dipende tutto dal prodotto/servizio. E’ fondamentale mantenere costante collaborazione e comunicazione con tutte le strutture interne affinchè il prodotto o il servizio siano realmente efficaci.
– Non sappiamo esattamente cosa vuole il nostro cliente, per questo motivo una volta rilasciato il prodotto la prima volta domandiamo costantemente cosa desidera migliorare per modificare costantemente la nostra offerta. La flessibilità e la velocità nel fare questo è una fondamentale arma competitiva rispetto ai concorrenti.
– Spesso i nostri clienti sono i principali e più credibili testimonials del nostro prodotto. Spesso hanno idee molto più interessanti di quelle del nostro dipartimento di marketing. Comunicare costantemente ci offre la possibilità di fare leva sulle loro idee e creare messaggi più innovativi.

Chiaramente oggi assistiamo ad un tentativo di usare social tools come moda del momento, utilizzando però la vecchia mentalità di marketing. Per questo motivo la maggior parte delle iniziative non funziona. Ad esempio, in un famoso ebook per guidare le aziende ad avere una presenza efficace su Facebook, una delle guidelines più raccomandate era di nascondere o comunque evitare di far leggere il wall della pagina relativa alla propria azienda, per non mostrare ai visitatori eventuali critiche all’azienda o al prodotto.
Evidentemente dal vecchio punto di vista questo è un ottimo consiglio, infatti confesso di aver rinunciato recentemente a stipulare assicurazioni online con alcune compagnie dopo aver visto proprio le lamentele postate nel loro wall di Facebook.

Dal nuovo punto di vista però azioni come questa suonano un pò come nascondere la polvere sotto il tappeto. Se offri qualcosa di scadente quelle critiche devono servire a migliorare (dipende tutto dal prodotto/servizio) e la migliore reazione è far vedere che te ne stai occupando, rispondendo a tutti, dimostrando disponibilità a migliorare.

Non è facile, anche perchè questo presuppone che ci sia una organizzazione ben strutturata dietro una social web strategy (digitalizzazione dei processi interni). Cosa che purtroppo non avviene, anche se ci sono incoraggianti novità in aziende che… non l’avresti mai detto. Grazie a gente come Betta

Per usare e trarre il meglio dai social tools è fondamentale quindi comprendere bene queste differenza, applicando metodi appropriati come può essere questo Tribesourcing spiegato nella presentazione qui sotto.

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