Si comincia con Haya, donna che ha molto vissuto, non solo per gli anni. Donna sola, alle prese con il suo carico di memorie nella sua vecchia casa di Gorizia. Sembra di vederla, alle prese con quella cesta rossa, ricolma di foto, lettere, ritagli di giornali: una vita che ha attraversato la Storia con i suoi immensi misfatti, dai macelli della Grande Guerra alle persecuzioni razziali.
Ed è anche la storia della sua famiglia, la storia di un figlio che le è stato sottratto, a poco più di un anno di vita. Di lui non ha saputo più niente: chissà se è scomparso in un lager, chissà se è ancora vivo. Haya è dovuta arrivare al limitare della sua, di vite, prima che qualche indizio lo riportasse al figlio. E ora quel figlio non è più un'ombra. E' un uomo che prova a sciogliere il mistero della sua vita, l'incredibile destino che l'ha fatto discendere da un'ebrea triestina e da un criminale nazista, non uno qualunque, perdipiù, ma il comandante di Treblinka.
Storia importante, storia come un pugno allo stomaco. Storia in cui la voce della verità grida forte, si parli delle mattanze alla risiera di San Sabba come dei progetti nazisti per la purezza ariana. Libro che, per dare voce alla verità, si spinge fino a riportare, nel bel mezzo della sua storia, tutti i nomi dei novemila ebrei morti nel lager.
Sembra il puntiglio dell'archivista. E invece no, è il coraggio della scrittura consapevole che dietro ogni nome si nasconde una storia. E che ogni nome è importante.