Ecco, perché ho deciso di parlare di altro. Piccoli appunti che ho preso durante la lettura e che mi hanno portata a classificare questo libro come un’opera preziosissima,fuori dal comune.
Penso al modo in cui molti elementi della narrazione si corrispondono come due metà esatte. E non parlo solo della separazione ovvia dei due gemelli, a cui corrisponde una partizione dell’opera in quattro capitoli (tre, di cui un capitolo in due parti), ma anche di quegli elementi che la nostra mente ricollega solo alla fine del romanzo.
Chi non ha ancora letto il romanzo, o chi è nel bel mezzo della narrazione, sarebbe preferibile che interrompa la lettura, se non vuole avere anticipazioni.
Avete notato come la figura della Madre si sia scissa? Nel primo romanzo è trasfigurata nella Nonna-Strega (che incarna l’Odio per l’uccisione del padre, infatti, anche la nonna ha avvelenato il marito) e nel secondo in Clara (che incarna invece la Madre-amante), folle per la separazione da Thomas-Lucas, con i capelli bianchi, sciatta, depressa, inconsolabile come la Madre incontrata la prima volta al manicomio da Klaus ma che poi viene salvata, curata, anche se il suo amore è irrecuperabile e questo spiega il rifiuto finale.
Stessa riconnessione per quanto riguarda il tema dello storpio (nessun’altro che Lucas colpito dalla pallottola): nel primo incarnato da LabbroLeporino (a cui si intreccia anche l’eros e l’amore materno negato, quindi a Klaus) e nel secondo Mathias, abbandonato dalla Madre, escluso dalla società, e a cui si riallaccia anche il tema dell’incesto (istinto represso che Klaus nutre per la sorella Sarah,che riemerge in più punti nella narrazione).
Ci sono talmente tanti riferimenti, temi, richiami interni (il parricidio, Elettra/Edipo, l’incesto – Sarah/Klaus, Yasmine/padre – la storpiatura, il rifiuto, l’amore negato) che mi stupisco di come si possa parlare sempre e quasi esclusivamente dello stile granitico della scrittrice o dell’ambientazione ostile.
Quello che mi ha colpito di più dei tre è sicuramente il primo: “Il Grande Quaderno”. Mi ha catapultato in un mondo suggestivo, cupo ma non privo di speranza. Un’ atmosfera favolistica, personaggi ambigui, narrazione ipnotica. Uno scenario quasi apocalittico, non solo l’ambientazione, ma anche l’interno dell’animo umano. Ridotto all’essenziale, scarno. E così la narrazione. Asciutta, telegrafica, lapidaria. Un racconto perfetto. Dal secondo “La prova”, giustamente la trama si fa più complessa, la storia è più fittamente ricamata, i personaggi si fanno più reali, si perde un po’ la magia che però si ritrova nell’immaginario paradossale e ambiguo della “Terza menzogna”, diviso in due parti, gioca su due linee parallele: menzogna o verità, reale o irreale in un crescendo che si conclude con una rivelazione agghiacciante. Magistrale.
Credo che scriverò altro su “Trilogia della città di K“. Credo sia inevitabile, date le innumerevoli sensazioni che mi ha lasciato e i numerosi dettagli stilistici che valgono la pena di essere analizzati. Inoltre, trovo che sia uno di quei libri che vanno assolutamente riletti, per gustare appieno ogni particolare di questo universo surreale e magnifico.