Strombazzato e preceduto da notevole attesa (così si sostiene), iersera ha debuttato sul canale più conservativo di Mammatrona Rai la nuova fiction Le ragazze dello swing. Che, per chi non lo sapesse, è dedicato al trio vocale più celebre di quel periodo in cui si marciava per non marcire.
La cosa più gentile che si può dire quale giudizio della prima puntata, e quella che verrà certamente non promette meglio, è che nemmeno un impiegato al catasto che si fosse beccato un colpo di maglio in mezzo alla fronte se ne sarebbe potuto uscire con un risultato così osceno. E non uso questo termine perché la prima scena si svolge in un bordello d'epoca, con gran dispendio di veli, tette e posteriori al vento a imitare il peggiore Tinto Brass: a confronto con quel che segue, l'inizio è un bijou.
Quel che segue è un cast accozzato alla benemeglio, le tre protagoniste che somigliano alle Lescano come io potrei somigliare a una monaca cinese (o come l'ex divetta softcore Sylvia Kristel potrebbe somigliare alla mamma delle suddette: e infatti, quello è il suo ruolo), una colonna sonora doviziosamente ripulita e ricantata - dalle Blue Bells, brave per carità, ma l'articolo originale è cosa ben diversa - che puzza di plastica a ogni nota, costumi e veicoli che sembrano usciti dal magazzino di un antiquario furbastro che spaccia ai gonzi arte povera made in China per autentico Settecento francese. E la lista potrebbe continuare all'infinito. Perché le scenografie sembrano uscite dal più scalcinato teatrino parrocchiale? Perché tutti i personaggi sono afflitti da accenti da burletta? E a proposito di accenti, e qui lo so che sto eccedendo ma a me che conosco la lingua dà il prurito alle mani, perché mai un'olandese dovrebbe parlare in italiano con cadenza svedese tutta toni in stile Ingrid del commissario Montalbano?
Sulla trama non mi esprimo. Basti sapere che chi ha fornito la base per il tutto è uno che, a detta degli appassionati, ha preso a man bassa materiali dal miglior sito Internet dedicato alle sorelline batave senza citare la fonte. Quel che non ha preso, evidentemente o lo ha inventato, oppure lo ha malamente scopiazzato da fonti inverosimili.
Il risultato è credibile quanto un mix fra, non so, un film dei fratelli Marx e uno qualsiasi dei polpettoni con Allan Quatermass come protagonista. Solo che ad avventura siamo scarsi perché il ritmo è sonnolento come quello di qualunque fiction targata Rai, e a umorismo peggio ancora perché è evidente che gli autori si prendono molto, molto sul serio.
Nel 2010 ricorre la nascita di Alexandra Leschan, una delle componenti del Trio Lescano. La fiction è un omaggio dichiarato per onorare la data. L'impressione che se ne ricava è però che si sia sfruttata la data per fare pubblicità a un prodotto penoso, che ha irritato profondamente chi con le mitiche sorelle è cresciuto, e che non ha incuriosito chi non le conosce per questioni di età.
Detto prodotto penoso, oltre a essere un insulto all'intelligenza di qualunque spettatore che non sia un ovino sotto roipnol, è stato pagato ça va sans dire con i soldi del nostro canone.
Rispolvero quel poco che ricordo della lingua parlata dalle Lescano per lanciare un messaggio ai responsabili.
Sodemieter op. E tornatevene alle vostre commesse, ai prof, agli sbirri maritati, agli ospedalieri che fanno ciuciù in corsia. Quella è roba per voi, non il gruppo che ha fatto ballare una generazione di italiani, e non solo.
Ho bisogno di disintossicarmi. Pertanto, ascolterò ciò che vado a proporvi a seguire. Che è certamente modo migliore di una orrida fiction per ricordare il Trio Lescano, e per farlo conoscere a chi non ne ha mai sentito parlare, o che pensa che il repertorio delle sorelline si limiti a Tulitulipan.
Buon ascolto.