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"Tripoli bel suol d'amore": la guerra in Libia e il centenario dell'invasione coloniale italiana

Da Vi
La guerra "umanitaria" contro la Libia è cominciata. Era nell'aria da un po' questo profumo di guerra, di petrolio, di interessi di grandi multinazionali e la voglia di gestire direttamente - facendo fuori Gheddafi giudicato "inaffidabile" - il flusso di risorse e "immigrati clandestini". Dall'alba Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti, dopo Bengasi, bombardano Tripoli. L'Italia, come altre nazioni aderenti alla coalizione internazionale, non partecipa "ufficialmente" al raid aereo, ma sappiamo che il cosiddetto nostro paese, ha messo ha disposizione le sue basi. E questo a cosa equivale se non ad essere già in guerra a pieno titolo? Del resto le/i siciliane/i già si sentono da ieri gli aerei volare sulla testa. Colpisce come una mazzata che tutto ciò avvenga nel centenario dell'invasione coloniale in Libia, anniversario offuscato dai centocinquant'anni dell'Unità d'Italia. Per memoria: fù il 5 ottobre del 1911 che gli italiani, al canto di A Tripoli! e in un tripudio di tricolori sventolanti, sbarcarono a Tripoli. Il seguito dovremmo ricordarlo: le spietate rappresaglie italiane, come quella all'indomani della sconfitta subita dagli italiani a Sciara Sciat, alle porte di Tripoli, la “caccia all'arabo” che ne seguì tra le vie della capitale con impiccagioni collettive nella centrale Piazza del Pane e deportazioni di massa verso l'Italia che durarono almeno fino al 1916. Per non parlare, durante la “riconquista” della Libia negli anni 30, delle rappresaglie, delle distruzioni sistematiche, delle deportazioni di massa di civili che causarono, come ricorda Angelo Del Boca, almeno 60 000 morti nella sola Cirenaica, anche bambini/e, dell'impiccagione, tra gli altri, il 16 settembre 1931 – in spregio ad ogni convenzione internazionale – di Omar el Mukhtar.

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