La situazione è oltremodo tesa a Bengasi, dove le milizie autonome del generale Khalifa Haftar si scontrano con quelle di Ansar al-Sharia e con le Brigate 17 febbraio; secondo le fonti, 36 sono le vittime nella città Cirenaica. I conflitti continuano senza soluzione anche dopo la caduta del regime di Muammar Gheddafi. Mai come oggi la situazione del paese nordafricano sta preoccupando la comunità internazionale.
Il presidente della Compagnia nazionale libica petrolifera ha espresso una seria preoccupazione legata agli incendi divampati nelle zone di deposito dei carburanti, ormai fuori controllo a causa dei conflitti. Si è richiesto l’ntervento della comunità internazionale. Il portavoce Mohamed al Hrari ha dichiarato che i pompieri hanno già lasciato i siti. Le autorità hanno esortato i “cittadini che abitano nel raggio di tre chilometri dai roghi” a lasciare immediatamente le abitazioni. Il rischio è troppo alto. Il governo ha anche ordinato di cessare il fuoco nelle aree dell’ aeroporto internazionale, luogo dei depositi.
Il primo incendio è scoppiato ieri sera in un deposito colpito da un razzo e contenente più di sei milioni di litri di carburante, situato a circa 10 chilometri da Tripoli. I due depositi conterrebbero in totale più di 90 milioni di litri di carburante, secondo la Compagnia nazionale petrolifera. Oggi dei razzi continuavano ad abbattersi nella zona.
La situazione instabile e sempre più aggravata sta conducendo diverse nazioni, fra cui gli Stati Uniti, alla chiusura della propria rappresentanza diplomatica.
Ieri il portavoce del ministro degli esteri tedesco, nella conferenza a Berlino, ha parlato di “evacuazione” del personale diplomatico dalla Libia. Per il momento l’ambasciata tedesca in loco ha invitato i connazionali al rimpatrio, donde evitare rischio sequestri o attentati.
Situazione non dissimile in Italia, che sta ugualmente provvedendo al rimpatrio dei propri cittadini. In una nota emessa dalla Farnesina si legge: “Di fronte dell’aggravarsi della crisi in Libia, il ministro degli Esteri, Federica Mogherini, ha disposto da giorni un piano di tutela dei connazionali nelle zone più a rischio. La Farnesina, per il tramite della nostra ambasciata e in raccordo con l’Unità di Crisi, aveva già attivato un monitoraggio della presenza italiana e negli ultimi giorni ha favorito il trasferimento sotto protezione di oltre cento italiani che avevano manifestato l’intenzione di lasciare il Paese”.
Gli italiani sono stati accompagnati con convogli in Tunisia e da lì imbarcati su velivoli dell’Areonautica militare diretti a Pisa; in accordo con altri paesi, l’Unità di crisi della Farnesina ha provveduto al rientro anche di cittadini di altre nazionalità. L’aeroporto di Tripoli è attualmente impraticabile a causa degli scontri avvenuti la settimana scorsa, durante i quali una ventina di aerei sono stati distrutti o danneggiati.
L’ambasciatore d’Italia in Libia, Giuseppe Buccino, ha commentato in un’intervista al Messaggero: “La situazione è quella che è: il governo è molto fragile, il Congresso deve passare la mano ai nuovi eletti e non si capisce bene dove si riunirà». L’ambasciatore si è soffermato sulla decisione dei diplomatici americani di lasciare la Libia: «È normale, erano in una zona di combattimenti vicino all’aeroporto. Anzi, è positivo che le ambasciate dei paesi amici della Libia - Italia, Gran Bretagna, Francia – siano tuttora presenti”.