Il Napoli quasi fuori dalla Champions è l’esito logico di due partite perse senza storia: con l’Arsenal (2-0 l’1 ottobre) e stasera 3-1 con il Borussia Dortmund. Come a Londra, anche stavolta l’avvio choc degli azzurri ha indirizzato il match e poco conta stare a discutere sul fischio “fiscale” dell’arbitro Velasco Carballo. In Europa certe trattenute in area vengono sanzionate e andare sotto dopo 9’ al Westfalenstadion è quasi una sentenza.
Certo, subìto il rigore di Reus, il Napoli ha saputo reagire con orgoglio, ha colpito un palo con Callejon, ha sfiorato di nuovo l’1-1 con Higuain (grande parata di Weidenfeller), e dopo lo 0-2 di Blaszcykowski ha riaperto il match con Insigne appena entrato dalla panchina. Ma alla fine i limiti della squadra di Benitez sono emersi, e non solo sul terzo gol tedesco di Aubameyang nato dalla letale palla persa di Armero. Se, nonostante tre gol subiti, gli avversari hanno tirato 18 volte e Pepe Reina è risultato il migliore in campo con almeno sei interventi decisivi (tre per tempo), vuol dire che qualcosa non ha funzionato. E che il Borussia, non a caso vicecampione d’Europa, ha nettamente meritato.
È un peccato, perché la difesa tedesca, priva di tre titolari, ha mostrato di avere diversi punti deboli. Ma Higuain (bravo nel lavoro per la squadra e autore dei due assist: per il palo di Callejon e il gol di Insigne) è rimasto troppo isolato, la manovra non si è mai sviluppata sugli esterni, troppo bloccati, Pandev è rimasto incartato come spesso gli accade e il duo di mediana ha dovuto soprattutto tamponare, in inferiorità numerica, nel mezzo.
Così, è stata la difesa del Napoli a patire l’attacco dei Gialloneri. I quali, non irresistibili dietro, sono stati come sempre devastanti nella fase offensiva: il magnifico Mkhitaryan, in particolare, ha spaccato in due il Napoli varie volte con corsa e tecnica, ma tutta la manovra del Borussia è stata spesso irresistitibile, potendo appoggiarsi su un Lewandowski quasi immarcabile da Fernandez e Albiol e sulla corsa delle catene laterali. Forse un centrocampista in più e un trequartista in meno sarebbero serviti. Ma il modulo di Rafa è questo, nel bene e nel male.