Trote di Pasqua 2013

Da Pietroinvernizzi

Il fiume richiede concentrazione e silenzio. Lo spinning fatto bene deve essere un esercizio studiato, lanci e recuperi mai casuali, al contrario sempre attenti dal primo all’ultimo secondo… Detto così sembra un lavoro più che un divertimento, ma in verità è tremendamente appassionante pescare con concentrazione e ci rilassa pienamente, la mente si svuota da ogni altro pensiero che non sia immaginare pesci ed il nuoto dell’esca. Ovviamente è molto divertente anche pescare in modo scanzonato, cercando di fare bene tra una risata, una battuta e una chiacchiera e poi, si sa, a volte le catture più incredibili avvengono per caso o grazie al lancio più sbagliato o magari sotto il sole a picco tra un morso e l’altro al panino… Statisticamente però la concentrazione paga di più e l’Anonima ha constatato che le trote più belle le ha prese quasi tutte in solitaria, ma la pesca è condivisione e perdersi il piacere di ridere e scherzare con un amico solo per poter sempre fare “il primo lancio” non avrebbe senso.

Espressione di acume alieutico al Bar della Stazione di varallo

Sabato eravamo in quattro a bere il caffè alla stazione di Varallo alle 7.30. Quattro sono davvero troppi per scendere al fiume insieme, soprattutto se il fiume è alla sua minima portata e somiglia più ad un torrente che ad uno dei principali affluenti del Po quale è il Sesia.
Così ci dividiamo in 2 squadre: gli Invernizzi’s Brothers, cioè io e mio fratello (vincitore per due volte del premio “Pescatore Più Stiloso al Pedrone Trophy), Jacopo e Matteo. Di loro nulla so fino alle 12.30 quando al ritrovo hanno confessato un amaro cappotto… ancor più amaro perché Jacopo al primo lancio di giornata ha punto a fil di labbra una bella marmo sui 50 che non c’è rimasta.
Io ed il fratello con stile e pacatezza armiamo le canne, Ramella il guardapesca passa ci vede e  saluta: “l’acqua è molto fredda”, ma noi tra un sigaro toscano e un cigarillo vanigliato, peschiamo a scendere un chilometro di Sesia poco a monte di Varallo. Con eleganza il fratello mi lascia sempre davanti, purtroppo però non vediamo neanche una pinna… Con il monito “l’acqua è molto fredda” in testa, propongo il Mastallone come alternativa… primi lanci in un grande buca e subito vedo la canna di Francesco flettersi e un pesce dibattersi forsennatamente a una decina di metri di distanza, è chiaro che è una bella fario selvatica! Infatti a riva sono 33cm di splendore a pallini colorati, proporzioni perfette: ha attaccato un Tiny Jig fatto saltellare sul fondo. Poco dopo è il mio turno, scelgo anche io un’esca da far ballare su e giù, magari in trattenuta, il “vibro-metal-jig” o come diavolo si chiamano queste esche, il Vault 35: fish on! Iridea sui 30 cm. Sorpasso finale di Francesco che porta a riva ancora una iridea, questa piccolina senza foto.

Rendez vous delle 12.30 segna sul tabellone un 3-0 per gli Invernizzi’s che, a onor del vero, hanno cercato un risultato più facile in affluente anziché sull’arduo campo di battaglia del Sesia. Francesco e Matteo tornano a casa, la Serie A si ricompone in duetto di purezza… giusto in tempo per magnare gnocchi al gorgonzola, bistecca e patatine chiacchierando di “filosofia e massimi sistemi” con il Savio al ristorante…

Le acque del Mastallone da molto vicino…

Primo spot del pomeriggio, poco a valle di Varallo, niente da segnalare. Vediamo ben tre belle trote in uno spot, ma ignorano in tutti i modi le nostre esche. Torniamo alla macchina con la coda tra le gambe. Siparietto: “dove sono le chiavi della macchina? …eppure l’ho appena aperta…” 20 minuti a cercare le santissime chiavi pasquali, finite inspiegabilmente in fondo al bagagliaio. (Chiaramente una mossa dei Demoni del Male Alieutico per metterci in difficoltà).

Essere invasati di pesca è una cosa grave.

Secondo spot, teoricamente l’ultimo, del pomeriggio. Una delle mie lame preferite, quella della 73,5 e di una grande trota persa… Arriviamo carichi e rinvigoriti da un po’ di acqua di trota (residui di grappa bosniaca), come dei ninja ci inoltriamo nella boscaglia verso il fiume, come dei ninja ubriachi sbagliamo strada un paio di volte e ci infiliamo nei rovi, finalmente arriviamo alle spalle della buca… sorpresa sorpresina! Chi va là? C’è un simpatico pescatore a spinning proprio in mezzo sulla sponda opposta… ma poooorca zoccola! La-presa-bene che era in noi diventa all’istante presa-male come per magia, la pietra filosofale dell’infamata alieutica ha trasformato i buoni propositi in bestemmie altisonanti… ma non è ancora niente, il peggio deve arrivare. Scendiamo comunque fragorosamente tra massi e rovi e raggiungiamo le sponde, di fronte c’è il nemico che lancia e recupera. Come sempre accade in questi casi ci si guarda sbieco e di soppiatto. Gli vedo dare una gran ferrata e un pesce che stimo sui sessanta si dibatte sul pelo dell’acqua e si inabissa sfrizionando… io sto ancora montando la canna, Jacopo arriva alle mie spalle “Jacooo” sussurro strozzando la voce, “guarda lì…” Il simpaticissimo spinner-guasta-buche recupera con perizia il pesce, noi fingiamo indifferenza quando dopo averlo guadinato alza gli occhi verso di noi. “Pffffui, oggi ne abbiamo prese 6 o 7 grandi il doppio.”

Un grande filosofo anonimo (letteralmente) della Valsesia ha scritto queste parole pensando alle grandi marmorate pescate dagli altri.

Questa doveva essere l’intenzione delle nostre espressioni. I veri pensieri erano: “pezzo di cane, spero quella trota adesso ti stacchi il naso con un morso e fili in acqua rompendoti la macchina fotografica con una codata”.
Il ragazzo fa qualche foto al pesce nel guadino e lo libera, bravo! Applausi per lui. (Sospettavo fosse un volto già visto in rete, anzi sospettavo fosse proprio quel Paolo, lettore del nostro emerito blog, con cui ho “parlato” di Sesia e di marmorate in rete… ed infatti era proprio lui. La trota faceva 64cm. L’unica che ha preso quel giorno… e che bella! Ma proprio davanti a noi? N.d.R.)

Egli se ne va, risale il fiume. Noi attoniti e bestemmia-sussurranti restiamo un paio di minuti a pucciare le esche in acqua demotivati.
“Ce ne andiamo?” “Ok, via!”
Saliamo in macchina e mettiamo alcuni chilometri tra noi e la beffa subita. Sono le 18.00, è davvero l’ultimo spot. Non troppo convinti lanciamo fino all’imbrunire. Jacopo depone le armi e mi saluta, torna a Milano.
Sono solo e adesso ci credo da morire, il cambio di luce mi esalta sempre, sento stringersi le budella e mi si affilano unghie e canini, si aguzza l’udito e la vista… se non sono un licantropo, vuol solo dire che sto cercando marmorate.  Ultimi lanci, sono ormai le 19.30, è praticamente buio, il mio grosso rotante argento è recuperato piano, sotto il pelo dell’acqua per raccogliere i primi riflessi di luna. Una mangiata furiosa abbatte la canna quando l’esca è ormai quasi a riva, contrasto forte e recupero, testate a breve distanza sono veri colpi al polso, per non parlare del cuore schizzato in gola… Spruzzi d’acqua del pesce che si dibatte mandano in frantumi la quiete serale, come cristallo che si spacca.

autoscatto alle ultime luci, marmo 51

E’ a riva che si ritorce su se stessa, non serve guadino, la accompagno in una piccola pozza d’acqua. E’ un bel pesce, marmorata massiccia, piuttosto argentata, mi ricorda quelle dell’Adda, in Sesia sono più bronzee e gialle. Non sarà un record per nessuno, ma ha largamente ripagato i miei sforzi. Sono felice. Per togliere l’esca devo tagliare in fretta il filo, infatti è indemoniata e rischia di ferirsi arrotolandosi su se stessa. A filo tagliato la libero dagli ami. Fa 51cm, scatto e autoscatto e via.  Vado via anche io con ancora addosso la sensazione della sua abboccata, spero la mia cena sarà migliore della sua.

Rock’n'Rod

Le acque del Mastallone

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Espressione di acume alieutico al Bar della Stazione di varallo

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Essere invasati di pesca è una cosa grave.

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Un grande filosofo anonimo (letteralmente) della Valsesia ha scritto queste parole pensando alle grandi marmorate pescate dagli altri.

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Il caffé della Stazione di Varallo e il celebre Sacro Monte alle sue spalle

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autoscatto alle ultime luci, trota marmorata 51

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