"Trst je naš"

Creato il 26 marzo 2011 da Chemako @chemako71

Disegno di Davide Toffolo, tratto da "L'inverno d'Italia"

Sono le parole pronunciate ieri dallo speaker dello stadio di Lubiana, dove si è giocata Slovenia - Italia, incontro di calcio fra le nazionali dei due paesi, valido per le qualificazioni ai prossimi campionati europei. Le squadre non erano ancora scese in campo e il megaschermo dello stadio nuovo di zecca stava mostrando le immagini di precedenti partite fra le due squadre. Quando il pubblico ha potuto vedere il goal che garantì la vittoria della nazionale slovena nella partita amichevole giocata nel 2002 a Trieste, allora lo speaker si è lasciato prendere dall'entusiasmo e ha pronunciato quelle parole. In italiano si traducono in "Trieste è nostra" e alludono al motto che i partigiani jugoslavi comandati da Tito proclamavano durante l'occupazione della città, avvenuta nel maggio e giugno del 1945. Nonostante lo speaker si sia affrettato ad escludere ogni riferimento politico, l'inopportunità di quelle parole rimane.
Tragici ricordi, infatti, sono legati a quei 40 giorni nei quali le forze titine occuparono l'attuale provincia di Trieste e di Gorizia. Molte persone legate al regime fascista, ma anche semplici cittadini considerati arbitrariamente avversari dei propositi annessionistici jugoslavi furono eliminate, facendole sparire nelle foibe del Carso. Non importava essere di destra o di sinistra, perché furono assassinati anche diversi comunisti italiani che si opponevano all'idea di Trieste e Gorizia jugoslave.
Ritornando alla partita di ieri sera, c'è un altro aneddoto da riportare: durante l'esecuzione dell'inno italiano si sono levati dagli spalti dello stadio dei sonori fischi. La stessa cosa successe a parti invertite a Trieste nel 2002 prima dell'inizio della partita persa dall'Italia: quella volta furono parte degli spettatori italiani a fischiare l'inno sloveno. Sono solo due partite di calcio, ma a fischiare l'inno, in entrambi i casi, sono state persone comuni e non ultras pericolosi. Ripeto, è solo una partita di calcio e non sono così sensibile da scandalizzarmi se un inno viene fischiato, anzi. Ma cerco di capire le motivazioni che stanno alla base. C'è ancora del risentimento fra diverse persone che appartengono alle due nazionalità e una partita di calcio è soltanto un'occasione che permette di manifestarlo. E' un risentimento sordo al dialogo, che si autoalimenta e che non porta a niente di positivo.
Quello di marca italiana l'ho spiegato sopra e le sue origini sono abbastanza note ormai anche nel resto d'Italia, visto che il fenomeno delle foibe è ormai diventato patrimonio di tutta l'opinione pubblica del nostro paese. Non altrettanto conosciute invece sono le cause storiche che alimentano il risentimento sloveno. Una torcia nel buio la accende Davide Toffolo, l'autore di fumetti pordenonese, voce e anima del gruppo musicale Tre Allegri Ragazzi Morti, con il suo racconto a fumetti "L'inverno d'Italia" edito da Coconino Press. La vicenda rievocata in questo volume è tragica e chiama in causa la coscienza di tutti noi italiani, che spesso ci consideriamo brava gente. Una parte di noi non lo fu per niente negli anni tra il 1941 e il 1943 e, a pagarne le conseguenze, furono migliaia di uomini e donne slovene e croate che videro la propria terra invasa dalle truppe italiane. Fu un'occupazione brutale, vennero praticate operazioni militari e politiche tali da configurare una pulizia etnica. Migliaia di civili, uomini, donne, vecchi e bambini furono deportati in campi di concentramento allestiti in loco ma anche in territorio italiano. In uno di questi, a Gonars in provincia di Udine, è ambientata la storia raccontata da Toffolo, che vede protagonisti Drago e Giudita, due bambini sloveni, sui quali si abbatte l'odio e l'insensatezza degli adulti. Non ci furono dei forni crematori in questi campi, ma i prigionieri morivano ugualmente, per inedia o per le malattie.
La politica di snazionalizzazione dei fascisti si attuava anche nella vita di tutti i giorni: la lingua slovena (o croata) era proibita e tutti dovevano esprimersi in italiano, anche se non se ne conosceva nemmeno una parola. C'è un altro fumetto che ritrae questo aspetto così odioso e brutale della politica italiana di allora: mi riferisco a "Mont Uant", volume scritto e disegnato dall'autore triestino Walter Chendi ed edito da Lizard nel 2005. In "Mont Saù", secondo dei tre racconti contenuti nel libro, il protagonista è un ragazzino travolto, insieme agli abitanti del suo paese e di quelli vicini, dalla violenza di uno stato straniero occupante. In una scena fra le più toccanti, si vede il ragazzino seduto sui banchi di scuola insieme ai compagni, che viene aspramente sgridato da un maestro fuori di sè attraverso una lingua per lui ignota.
Nel confine orientale il fascismo italiano ha prodotto i suoi guasti peggiori e ancora oggi ne paghiamo le conseguenze.

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