True Detective – Stagione 1

Creato il 02 dicembre 2014 da Nehovistecose

(True Detective)

Regia di Cary Jogi Fukunaga

con Matthew McCounaghey (Rustin “Rust” Cohle), Woody Harrelson (Martin “Marty” Hart), Michelle Monaghan (Maggie Hart), Michael Potts (Maynard Gilbough), Tory Kittles (Thomas Papania), Kevin Dunn (Ken Quesada), Alexandra Daddario (Lisa Tragnetti), Jay O. Sanders (Billy Lee Tuttle).

PAESE: USA 2014
GENERE: Drammatico, giallo
DURATA: 60′ (episodio)

Louisiana. Le vite di due detective – il metodico padre di famiglia Hart e il tormentato e geniale Cohle – si intrecciano inesorabilmente con la caccia ad un serial killer che durerà ben 17 anni.

Ideata e sceneggiata dallo scrittore Nic Pizzolatto (in Italia abbiamo apprezzato il suo romanzo Galveston nel 2010), questa serie antologica HBO si è presto rivelata come una delle migliori (se non “la migliore”) del 2014. I motivi di interesse sono parecchi: sceneggiatura perfetta, regia assai evocativa, molto cinematografica e molto poco televisiva (la firma Fukunada, regista di tutti e otto gli episodi), spunti di riflessioni non nuovi ma trattati in maniera originale (mai sentito parlare di banalità del male?); e poi, due elementi da puro 10 e lode, ovvero: un perfetto disegno psicologico dei due protagonisti, antieroi sfaccettati, complessi, fascinosi, molto molto originali nei loro modi di essere; l’ambientazione, ovvero quella Louisiana immensa e desolata (Pizzolatto la conosce molto bene, visto che ci è nato) in cui a pochi passi dalle metropoli si può ancora trovare un sud rurale e paludoso che sembra essersi fermato a cento anni fa, un posto tremendamente affascinante ma che pare dimenticato da Dio (nonostante una profonda ma spesso malata religiosità) e, di conseguenza, resta uno dei pochi avamposti d’occidente in cui il male può germogliare quasi fisiologicamente senza che nessuno si prenda la briga di fare qualcosa per fermarlo (vi ricordate Non aprite quella porta?). La briga se la prendono Marty e Rust, due personaggi complessi: il primo sembra un perfetto padre di famiglia, ligio alle regole, ma incapace di essere sincero (tradisce continuamente la moglie) e di guardare “al di la del proprio naso”; il secondo è testardo, avvezzo all’autorità di cui egli stesso fa parte, tormentato da una tragedia immane e da strane visioni, alcolista e tabagista, ateo convinto nonostante viva e lavori in un angolo di mondo in cui il perbenismo cristiano sommerge qualunque altra cosa.

È una serie che parla della mostruosità in modo diretto e possente, ma parla anche di uomini che nonostante tutto non rinunciano alla loro integrità. Pessimista, ma non priva di un briciolo di speranza (il finale è bellissimo). E poi ha dalla sua parte la durata (basta con queste serie infinite!): 8 episodi, ovvero un film di 8 ore che parte con un tremendo assassinio e finisce con l’individuazione del colpevole. Harrelson piacevole conferma, McCounaghey sublime in un personaggio che da lui non ci si aspetta (anche se ormai l’abbiamo capito che sa recitare). Tutto in True Detective funziona, e funziona bene. Basta la sigla – sulle note di Far from any road del gruppo The Handsome Family – per farsi convolgere in questa impressionante quanto eccezionale discesa nell’abominio umano (le musiche originali sono niente meno che di T-Bone Burnett). Prezioso anche il lavoro di doppiaggio, con le voci di Pino Insegno (Harrelson) e Adriano Giannini (McCounaghey).

Una serie di gran pregio, difficilmente raccontabile con le parole.
Non vi resta che iniziare a guardarla.



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