Anno: 2015
Durata: 125'
La trama (con parole mie): siamo nel duemilaquattro, in pieno periodo elettorale con la sfida tra George Bush e John Kerry in pieno svolgimento, quando Mary Mapes, pluripremiata giornalista CBS fresca di un servizio che fece scalpore a proposito delle torture perpetrate dai soldati americani ai prigionieri iracheni ad Abu Ghraib, con la sua squadra si mette al lavoro su una nuova indagine che vorrebbe far luce sul misterioso periodo in cui Bush prestò servizio militare.La tesi sulla quale il team si mette all'opera è legata al fatto che, tramite una serie di agganci altolocati in politica ed esercito del padre, a George W. fu di fatto parato il culo in modo che lui, come tanti altri rampolli di famiglie importanti del Texas dei tempi, evitasse di essere spedito in Vietnam.Peccato che, una volta andata in onda la trasmissione preparata dalla Mapes e dai suoi, la politica e le alte sfere chiedano un tributo pesante in termini di pressioni lavorative e personali.
Una delle più grandi libertà conquistate dalla società più o meno civile nella quale viviamo è indiscutibilmente, almeno per quanto mi riguarda, quella di pensiero ed espressione della quale anche la blogosfera tutta fa parte: la possibilità di informarsi, parlare, essere curiosi a proposito del mondo e di se stessi, vivere la propria vita e le proprie passioni in prima linea, per evitare di ritrovarsi in un angolo e spegnersi lentamente.Non conoscevo la vicenda di Mary Mapes e della sua squadra di reporter d'assalto, passata molto in sordina negli States ed uscita in Italia probabilmente trainata dal successo dell'altro film inchiesta principe del periodo, Il caso Spotlight, fresco di vittoria dell'Oscar come miglior pellicola, e le recensioni lette non deponevano certo a favore del lavoro - il primo dietro la macchina da presa - di James Vanderbilt, eppure il risultato è stato decisamente sorprendente in positivo.Truth è un film dall'impianto molto classico - forse troppo, affermeranno alcuni -, sostenuto da un cast in grandissima forma - su tutti un Redford in spolvero totale ed una Cate Blanchett pazzesca - ma soprattutto in grado di raccontare una storia avvincente ed importante come quella di questo gruppo di giornalisti molto di pancia coinvolgendo e lasciando trasparire tutto il pane e salame che piace qui al Saloon, senza per questo cadere nella trappola della retorica e del buonismo - anche perchè, ma questa è cronaca, e attenzione allo spoiler eventuale, le cose non sono andate affatto bene per i nostri eroi di "60 minutes", storica trasmissione CBS -.Inoltre, per quanto ormai sia lontana - fortunatamente - l'epoca di George W. Bush, e nella speranza che non se ne debba fronteggiare una di Donald Trump, è decisamente interessante seguire il percorso umano, professionale e legale che il team di Mary Mapes fu costretto ad intraprendere dopo aver messo nero su bianco - ed in televisione, alla portata del popolo americano, non dimentichiamolo - il passato da "imboscato" di Bush rispetto al servizio militare nel corso dei delicati anni del Vietnam, esempio di come e quanto - e non solo nel caso dell'ex Presidente USA - i privilegiati economici e sociali siano sempre riusciti - e, purtroppo, probabilmente sempre riusciranno - a salvare le chiappe alla facciazza di chi privilegiato non è neanche per sbaglio.
Interessanti, inoltre, anche le dinamiche interne del gruppo capitanato dalla Mapes e delle loro reazioni alle pressioni esercitate su di loro a seguito di quelle subite dalla CBS: dalla rabbia allo scoramento, dall'orgoglio ferito della stessa Mapes di fronte al padre alla delusione di Rather - anchorman leggendario nell'ambito del piccolo schermo statunitense - rispetto alle influenze sempre maggiori del Potere costituito a scapito della libertà di stampa, passando attraverso al legame costruito passo dopo passo tra il militare Charles e l'alternativo Mike Smith, tutto pare molto umano e senza dubbio in grado di stimolare una sensazione di partecipazione alla lotta di questi giornalisti nel pubblico, o almeno nella parte di pubblico che non riesce a tenere a bada la curiosità e la passione, la voglia di esprimersi e di sentirsi libero di farlo.
Non sarà raccontato in modo nuovo, originale o particolarmente potente, ma Truth è arrivato dritto al punto e lo ha fatto in modo naturale e sentito: per quanto mi riguarda, questo vale più di qualche acrobazia con la macchina da presa o trovata in termini di sceneggiatura, perchè colpisce il bersaglio grosso senza fronzoli o sotterfugi.
Dritto, tosto e coraggioso: un pò come Mary Mapes ed i suoi.
MrFord
"Se ho sbagliato un giorno ora capisco che
l'ho pagata cara la verità,
io ti chiedo scusa, e sai perché?
Sta di casa qui la felicità."
Caterina Caselli - "Nessuno mi può giudicare" -