Tsipras, fuga alla chetichella dalle Termopili

Creato il 21 febbraio 2015 da Albertocapece

Purtroppo tutte le considerazioni svolte negli ultimi due anni su questo blog hanno trovato la loro dimostrazione: non c’è alcuna possibilità di cambiare politica finché si rimane nell’area euro che non è solo una moneta, ma espressione ideologico contabile del liberismo selvaggio. Così chi come Tsipras, al seguito di molta parte delle cosiddette sinistre europee, mai come ora cosiddette, intende salvare salvare capra e cavoli è destinato a fallire. Sia in termini di analisi della realtà perché moneta unica e solidarietà sociale sono in antitesi, almeno nel contesto dato, sia sul piano tattico perché nelle trattative questo entrismo costituisce a priori un fatale fattore di debolezza.

Tsipras e la parte di Syriza eurofila avevano pensato che la loro ossessione monetaria, l’erroneo valore comunitario o addirittura progressivo che vi attribuiscono fosse in qualche modo condiviso e che quindi di fronte al timore di un’uscita dalla Grecia, Bruxelles e Berlino avrebbero ceduto e fatto ampie concessioni ad Atene. Così non è stato proprio perché senza una politica di massacri sociali e di riduzione della democrazia, non c’è più alcun interesse a tenere un Paese nel recinto dell’area euro, specie un Paese il cui debito notoriamente non potrà mai essere ripagato. Anzi.  E ora per il leader greco sono guai, tanto più che le premesse da cui è partito gli hanno impedito di mettere a punto fin dai mesi scorsi un solido e articolato piano B, compreso quello suggerito dall’Italia di inaugurare una moneta fiscale parallela all’euro.

Fortunosamente è riuscito a strappare 4 mesi di tempo che gli permetteranno di giocarsi qualcosa sul piano mediatico, tanto più che le contrattazioni sulle riforme andranno avanti  fino a giugno, ma in pratica non ha ottenuto alcuna concessione che gli consenta di realizzare anche in minima parte il programma con cui è stato eletto, se si esclude il fatto che la troika non si chiamerà più così, ma in altro modo: tutti i soldi eventualmente concessi dovranno essere riservati alle ricapitalizzazioni bancarie. La faccia contenta di Schauble non lascia dubbi su chi sia il vincitore dello scontro, anzi l’esito è stato condensato dallo stesso ministro delle finanze tedesco in una frase: “Non sarà facile per il governo greco spiegare ai propri elettori questo accordo”. Del resto le stesse dichiarazioni di Varoufakis esprimono tutto l’imbarazzo del governo ellenico, formatosi appena un mese fa e cominciano a virare su toni paradossali. Sui limiti posti ad Atene e all’azione dell’esecutivo dice che Bruxelles ha posto delle condizioni  “come non prendere decisioni che vadano a inficiare il bilancio. In un certo senso, una condizione che volevamo”.  Già proprio in un certo senso: ci manca che tra un po’ dica avevamo scherzato.

Ora che se ne farà Tsipras di quattro mesi di tempo per decidere definitivamente se arrendersi o essere estromesso dalla moneta unica in una situazione né concordata, né pensata, ma improvvisata e dunque drammatica, visto che all’Europa non dispiacerebbe colpirne uno per educare gli altri 18?  Quattro mesi sono troppo pochi per sperare di ricevere aiuto da un’eventuale vittoria di Podemos in Spagna perché l’appuntamento con le urne è a dicembre, anzi una resa potrebbe piuttosto danneggiare Iglesias che non aiutare Tsipras. Forse potrebbero essere sufficienti ad acquisire una rete di protezione almeno parziale con i Brics e guadagnare così una maggiore capacità contrattuale. Ma ciò non toglie che l’esito sarà soltanto o resa o uscita.

Certo che dire di una Ue che si comporta come il peggior cravattaro con la Grecia mentre è disposta a buttare valanghe di miliardi a fondo perduto nella sordida avventura in Ucraina, paese in totale bancarotta, che proprio in questi giorni fa registrare una pesantissima sconfitta delle truppe di Kiev con la necessità sempre più evidente di un intervento diretto? Non ho parole, non riesco a capire come la proliferazione maligna avvenuta in Europa non sia stata sufficientemente colta e metabolizzata dalle forze che avrebbero dovuto naturalmente opporvisi e che invece si sono fermate inermi di fronte al santino consumato. Adesso però le cose sono chiare oltre ogni ragionevole dubbio. I dubbi irragionevoli sono soltanto complicità con buona pace di chi il giorno dopo tenta ancora di dimostrare contro ogni evidenza il “successo” di Tsipras e dunque delle posizioni di compromesso ad oltranza, sia strategico che ideologico.


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