Detta in breve solo le briciole, forse 3 miliardi, arriveranno davvero ad Atene, il resto sarà gestito direttamente da Bruxelles: non c’è da stupirsi se il voto abbia definitivamente segnato la spaccatura di Syriza e dato vita a una nuova maggioranza che si appoggia sui voti del centro destra, Nuova Democrazia, Pasok e To Potami: sono queste le formazioni che hanno permesso alla resa senza condizioni di passare con 222 voti contro 60 no e 11 astenuti. Sui 149 deputati di Syriza 31 hanno votato no e 11 si sono astenuti, il che significa che non solo il governo ha perso la sua maggioranza, ma che non sarebbe nemmeno in grado di dar vita a un governo minoritario: la costituzione del Paese permette un simile escamotage solo in presenza di almeno 120 deputati.
Insomma Syriza si è spaccata e mentre il presidente della Camera Zoé Konstantopolou non ha nascosto una profonda avversione per un accordo che “rinnega tutte le promesse elettorali”, Panayotis Lafazanis, figura di spicco dell’ala sinistra di Syriza, ha annunciato la creazione di un nuovo movimento “per lottare contro il memorandum e la dipendenza neocoloniale.” E non si può dire che esageri visto che il memorandum a cui Tsipras si è definitamente arreso, prevede oltre alla decapitazione delle pensioni e dell’ impiego pubblico, anche la cessione totale Paese nelle mani dei compratori stranieri e anche in fretta: ottobre 2015 per il Pireo, dicembre 2015 per le ferrovie e febbraio 2016 per il porto di Salonicco, mentre entro il 2017 dovrà essere definitivamente venduta la rete elettrica, tutti gli aeroporti e i restanti porti che ancora non sono stati ceduti a speculatori internazionali, le telecomunicazioni e le raffinerie. Viste le condizioni del Paese il cui debito è destinato ad aumentare al 201% del Pil nel 2016, secondo i calcoli dello stesso eurogruppo, si tratta di vere e proprie svendite che priveranno lo stato greco delle sue entrate, amplificando la crisi già al limite.
A questo punto Tsipras accelera i tempi e si prepara a chiedere un voto di fiducia intorno al 20 agosto. Se passa grazie alla voglia di poltrona di qualche parlamentare dovrà per forza allargare a destra la maggioranza, se al contrario viene bocciato si prepara ad elezioni anticipate a brevissimo termine per sfruttare la residua popolarità e anticipare l’arrivo dei nuovi massacri. Questo dal punto di vista elettorale è molto interessante perché può dirci molte cose sulla trappola in cui si fanno cadere le opinioni pubbliche: i partiti apertamente filo austerità sono molto deboli nei sondaggi, con un totale attorno al 28% probabilmente enfatizzato da quelle stesse sociatà che avevano dato per certa la vittoria del sì al referendum e con Nuova democrazia al 18%. Così essi appoggiano Tsipras in Parlamento per logorarlo anzi sputtanarlo definitivamente, ma con elezioni a fine settembre, essendo assolutamente improbabile una risalita consistente e la vittoria, (in Grecia il partito con il maggior numero di voti prende un premio di 50 parlamentari) potrebbero decidere di accorrere in difesa dell’ex leader della sinistra, votandolo e inglobandolo visto che ormai l’infamia è compiuta così da evitare la riapertura di qualunque dialettica sulla resa che potrebbe nascere da una buona affermazione della sinistra di Syriza.
Gli elettori di quest’ultimo partito nel timore che una divisione porti a una sconfitta potrebbero, se costretti e confusi dai tempi brevi o brevissimi, votare in certa misura per Tsipras nonostante il fatto che l’80 di essi consideri in maniera negativa le rese del governo. Insomma una situazione magmatica e drammatica in cui realtà e narrazione si confondono.
In ogni caso, non diversamente da molti sospetti piddini usciti dalle primarie, Renzi in testa, Tsipras uscirebbe dalle elezioni come un leader fondamentalmente di centro destra destinato ad amministrare la svendita del Paese. Una parabola davvero triste.