Adoro i miei amici. No, veramente. Provo un affetto fraterno nei loro confronti, perché sono pessimi, distratti, approssimativi, superficiali, egoisti, come me. E come me compensano tutti i peggiori difetti del mondo con una straordinaria capacità di comprensione delle debolezze del mondo. La "pietas" che spesso non trovo nella Chiesa (a proposito delle recenti discussioni in questo blog), la trovo tra i miei amici. Le vere persone buone, che sanno che nessuno è perfetto, che sanno perdonare, che sanno mettersi in discussione, che sanno capire e ascoltare. E soprattutto, che sanno divertirsi. Anche nei momenti più truci che la vita ci presenta.Ma poi bisogna fare i conti con la natura umana, e con la storia. E anche fra gli amici più cari, un traditore c'è sempre. Voglio dire, è stato tradito Cesare addirittura da suo figlio, figuriamoci quando non c'è nemmeno un legame familiare. E allora sabato sera, ho gridato "Tu quoque!" a un traditore. A un amico. In una situazione insospettabile, durante un aperitivo, parlando proprio di questo blog. La compagna di questo amico aveva appena finito di dire che da quando scrivo di queste amenità, vede discriminazioni ovunque. Mi ha raccontato che all'aeroporto era stata colpita da un uomo che chiamava la sua fidanzata (o moglie) con un fischio. Tipo cane. E che in un locale, aveva assistito a una lite tra adolescenti, in cui lui insultava e zittiva la ragazza dicendole che è vero che le donne sono delle "rompicoglioni" (cit.). Lei cercava di calmarlo, di capire che cosa gli fosse preso, ma senza successo. Il tutto, alla tenera età di quindici anni. Di questa e di altre cose stavamo discorrendo, quando il compagno della mia amica, l'infido traditore, il Giuda Iscariota di noi laici, il Bruto del ventunesimo secolo, se ne esce con la considerazione che sono giuste le pari opportunità, che le donne non devono essere discriminate, che è uno schifo tutto quanto, MA. Ma cosa? "Ma, vi prego, va bene tutto, ma non potete pretendere di giocare a calcio". Risate generali. Il calcio è uno sport maschio. Le donne a calcio sono ridicole. A nulla è valso il ricordo che ai tempi del liceo, tre delle partecipanti a quell'aperitivo avevano militato nella squadra di calcio femminile della scuola. "Il prossimo post sul blog lo dedicherò a te", ho preannunciato. E così è. Lascio a voi i commenti. Getto il mio amico in pasto agli squali.
A questo, aggiungo un altro episodio di tradimento, fatto da un altro lettore di questo blog. Da uno dei pochi uomini che cercano di capire, che ragionano, ma che poi cadono inconsapevolmente nello stereotipo. A Roma, la scorsa settimana, dopo un convegno sulla comunicazione ambientale, mi ritrovo in un bar con questo amico e un assessore veneto. Il barista ci chiede da dove veniamo: Trieste, Padova, Treviso. Praticamente tutto il Nordest a Roma. Interviene uno studente che aveva assistito a quella sorta di presentazione, dicendo che lui sta per trasferirsi a Padova per un anno, e ci chiede se avevamo dei consigli da dargli. "Porta l'ombrello", "Vestiti bene" sono state le prime battute. "Vedrai che ti troverai bene", "Lo spritz è buono". E poi eccolo là, l'altro traditore: "E poi le donne sono tutte fighe in minigonna e tacchi alti". Risate generali. Delle innocenti e insignificanti chiacchiere da bar, sarebbe la giustificazione. Ma questo è uno di quei famosi dettagli che mantengono in vita la discriminazione. C'è poco da fare. E c'è molto ancora da ragionare.
Ecco, forse adesso avrò due amici in meno. Questo è il costo delle battaglie sociali.
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