Si tratta di una sorta di anticipazione del più celebre Amore Tossico con la differenza che qui l'esito neorealistico è tutt'altro che scontato, sia per la struttura narrativa che per l'uso di attori professionisti.
Ci troviamo di fronte ad un film che repelle ma incuriosisce, essendo comunque in grado di scandagliare bene un certo "humus" sociale diffuso nei primi anni 80. I protagonisti non sono certo i ragazzi del film di Caligari ma maturi ultratrentenni alle prese con la tossicodipendenza da eroina. Vengono quindi rappresentati dei consumatori di vecchio conio, con una vita alle spalle, senza quella latente ingenuità che caratterizzava Cesare & co. appunto nel più conosciuto Amore Tossico.
Il protagonista Marco (Berger), ad esempio, è reduce da un matrimonio fallito e proviene comunque da una famiglia benestante che cerca in tutti i modi di recuperarlo: il suo livello sociale è dunque più elevato rispetto ai giovani proletari di Amore Tossico e le possibilità di reinserimento sociale più concrete sia per il possesso di un titolo di studio che gli consentirebbe di tornare ad insegnare sia appunto per la possibilità di avvalersi di legami familiari che nel film di Caligari sono completamente recisi.
Ma Marco non sembra intenzionato a redimersi e la cosa appare evidentissima già dal breve prologo (condito da una "pera") che dà inizio al film: si evince la sua visione sociologica e la repulsione per qualsiasi tipo di giudizio che lo riguardi.
Il terzo personaggio è quello interpretato da un cattivissimo Franco Citti (tagliatissimo per ruoli di questo tipo) spacciatore locale che con la sua gang tiranneggia senza alcuno scrupolo il trio di sbandati (c'è anche Marzio C. Honorato) vivente in una sorta di "comune" alle porte di Roma.
La Clery, trasgressiva, ci regala una "puntura" shock che ovviamente non si può qui rivelare, pena la possibilità di rovinare la visione a chi non conoscendo il film volesse rimediare.
Anche in TUNNEL la storia si sviluppa a "mosaico" come per Amore Tossico ma il percorso è più coerente e razionale ed anche la conclusione, appena accennata, lascia intuire l'esito comunque drammatico di una vicenda esistenziale.
Molto azzeccata la musica tratta dal primissimo omonimo album dei Pretenders (sempre del 1980) che condisce adeguatamente il film e che si sposa perfettamente con le varie vicende narrate.
Insomma: film praticamente sconosciuto ma senz'altro consigliabile per gli appassionati del cinema di genere italiano e del sottogenere drug.