Turchia e nucleare: tra vecchi alleati e nuove minacce

Creato il 11 luglio 2014 da Bloglobal @bloglobal_opi

 

di Daniel Angelucci

È attualmente in corso l’ultimo round di colloqui sul dossier nucleare dell’Iran tra questi e il gruppo 5+1 (i cinque Paesi membri del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, più la Germania). In attesa di verificare se verrà raggiunto un accordo definitivo in materia che completi quello provvisorio siglato nel novembre 2013, risulta interessante valutare e fare chiarezza sulle attitudini che un altro importante attore proiettato sullo scenario mediorientale, la Turchia, nutre verso il potenziale sviluppo di armi atomiche proprie alla luce del programma nucleare iraniano e del concetto di deterrenza estesa predisposto in sede di alleanza NATO. In ragione della sua posizione geopolitica, è evidente che la Turchia si trova in un contesto spinoso. Essa confina con l’Iran, che è in piena espansione delle proprie capacità nucleari suscettibili di uso militare e ciò potrebbe spingere, come temuto da molti analisti internazionali, i policy maker turchi ad investire in tecnologie per lo sviluppo di energia nucleare in larga scala. Inoltre il Medio Oriente stesso è un bacino fertile per la proliferazione di Armi di Distruzione di Massa (ADM) ed i loro vettori; questa circostanza è particolarmente rischiosa se si considera che queste armi si innestano in un ambiente interessato da vecchie e nuove rivalità tra gli Stati della regione.

Ecco dunque che occorre sintetizzare l’attuale dibattito sull’assetto di sicurezza della Turchia considerando la lunga storia di alleanza con l’Occidente. A tal riguardo sembrerebbe che c’è una dicotomia tra il punto di vista governativo da un lato, e la visione di ricercatori, giornalisti e analisti in genere dall’altro. A chi osserva dall’esterno, tale scissione pone una domanda: la protezione estesa della NATO serve quale garanzia efficace per la Turchia in riferimento alle possibili implicazioni del programma nucleare di Teheran?

Oltre a rispondere a questa domanda, è necessario vagliare la possibilità che Ankara imbocchi il sentiero dello sviluppo di uno o più dispositivi militari nucleari. Sul punto si vuole anticipare che il più probabile degli esiti è che, quanto meno nel medio periodo, la Turchia rimanga saldamente legata agli impegni derivati dal Trattato di Non–Proliferazione nucleare (TNP).

La Turchia è realmente sotto la minaccia del programma nucleare iraniano?

Probabilmente il modo migliore per valutare la minaccia potenziale posta dall’Iran alla Turchia è prendere in considerazione le prospettive della comunità turca rispetto al programma nucleare di Teheran. A tal fine si può affermare che c’è una differenza di vedute tra la posizione ufficiale della classe politica e quella espressa dai ricercatori e dagli intellettuali. In molte occasioni i politici turchi di alto rango hanno riconosciuto il diritto dell’Iran, come Stato parte del TNP a sviluppare tecnologie nucleari per fini pacifici. Ovviamente s’intende che questo diritto deve essere esercitato in accordo e con la supervisione della Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA).

Nella visita a Teheran gli scorsi 29 e 30 gennaio, l’attuale Primo Ministro turco Recep Tayyip Erdoğan, in linea con la Zero problems towards neighbours policy, ha evidenziato il valore delle relazioni di buon vicinato tra i due Paesi e, inoltre, ha messo in evidenza l’importanza del volume degli scambi commerciali (circa 14 miliardi di dollari nel 2013, anche se in calo rispetto ai 22 miliardi dell’anno precedente), nonché l’appoggio verso i diritti dell’Iran ad espandere l’ambito del proprio programma nucleare per scopi civili.

In realtà, se ci sono segnali di preoccupazione nel dibattito pubblico dei leader politici turchi, questi sono collegati alla possibilità di una proliferazione e diffusione di Armi di Distruzione di Massa in tutto il Medio Oriente. Infatti il Presidente Abdullah Gül ha chiarito che il rischio di una corsa agli armamenti nucleari nel Medio Oriente potrebbe essere responsabilità non solo dell’Iran ma anche di Israele. È per questo motivo che, parafrasando lo stesso Gül, la Turchia si è sempre pronunciata in favore dell’implementazione di una Zona Libera da Armi di Distruzione di Massa che comprenda entrambi, Iran e Israele. Coerentemente, la comunità turca considera la pressione esercitata da Washington per fermare il programma iraniano di arricchimento dell’uranio come una indebita ingerenza negli affari dello Stato persiano. Un altro fattore che accomuna la Turchia e l’Iran è l’Islam. A prescindere dalle differenze dogmatiche (la Turchia è sunnita, mentre l’Iran è sciita), il fattore religioso è sentito come un comune denominatore tra i popoli turco e iraniano. Non deve quindi meravigliare se l’ascesa dell’Iran come nuova potenza nucleare sia ben vista e considerata come fattore di bilanciamento strategico al cospetto delle altre maggiori potenze atomiche mondiali. È così che la maggioranza dei Turchi percepisce l’Iran come una nazione islamica amica e, inoltre, è impressione comune che, nel caso in cui l’Iran acquisisca armi nucleari, il potenziale obiettivo primario di Teheran potrebbe essere Israele.

Malgrado le opinioni sin qui delineate, ricercatori, intellettuali, giornalisti e personale appartenente all’apparato militare hanno preso atto delle eventuali implicazioni negative per la sicurezza della Turchia di un Iran in possesso dell’atomica. Alcuni di questi analisti sostengono che, dopo la fine della Guerra Fredda il mondo delle relazioni internazionali è entrato in un processo continuo di evoluzione e che per tale motivo Ankara dove prendere delle misure preventive e cioè, dovrebbe volgere la propria attenzione alla ricerca e allo sviluppo in campo nucleare e, nel caso in cui l’Iran sviluppi armi atomiche, la Turchia dovrebbe fare lo stesso al fine di preservare gli equilibri di potere tra le due nazioni e nella regione stessa.

Riassumendo questi punti di vista, Ankara dovrebbe incamminarsi verso la nuclearizzazione in grande scala almeno per due motivi: primariamente, ai fini di generazione di energia e quindi per soddisfare il fabbisogno energetico del Paese; in secondo luogo, per emanciparsi dalla sua posizione di dipendenza rispetto alla Alleanza Atlantica e, dunque, per ristabilire gli equilibri strategici e gli sviluppi congiunturali nel Medio Oriente.

La sicurezza della Turchia è realmente garantita dagli alleati occidentali?

Nonostante ufficialmente la Turchia sia accondiscendente nei confronti delle intenzioni nucleari dell’Iran, molti nel Paese sono preoccupati circa il possibile desiderio di Teheran di sviluppare delle capacità militari nucleari. Da questa prospettiva, la questione del programma nucleare iraniano dovrebbe essere coniugata sia con quella del reale valore della deterrenza estesa garantita dalla NATO alla Turchia, sia con la questione della capacità di proiettare sicurezza delle armi nucleari degli Stati Uniti attualmente posizionate sul suolo turco.

Quindi il punto è: sono le suddette garanzie sufficienti a soddisfare le esigenze di sicurezza dei decision makers turchi in modo da evitare la militarizzazione nucleare turca a fronte di ulteriori sviluppi nucleari da parte dell’Iran?

In virtù dell’articolo 5 del Trattato Nord Atlantico siglato a Washington nel 1949, la Turchia beneficia delle garanzie di sicurezza offerte dagli altri membri dell’Alleanza. Come conseguenza, un “ombrello nucleare” copre il territorio turco al fine di scoraggiare possibili attacchi da parte di altri Stati. Per più di 50 anni il meccanismo della deterrenza estesa ha funzionato attraverso le armi nucleari degli Stati Uniti dispiegate negli Stati alleati quali la Turchia.

Dalla fine della Guerra Fredda, in assenza di un’imminente minaccia nucleare, molte di queste armi sono state ritirate dal territorio turco. Comunque, si stima che siano ancora ospitate nella base statunitense di İncirlik, a circa dodici chilometri ad est di Adana, dalle 60 alle 70 armi nucleari tattiche. Queste armi costituiscono un tassello centrale della strategia di sicurezza nazionale turca: difatti, molti ufficiali di governo sostengono l’idea che questa politica di Stato non debba essere soggetta a fluttuazioni sulla base di obiettivi politici di breve periodo.

Come si può immaginare, le elites politiche turche hanno giustificato la duratura strategia della deterrenza estesa alla luce delle minacce provenienti dall’esterno, nonché della percezione del possesso di armi nucleari quale fattore di potenza. Una considerazione non condivisa da tutti, come Belgio, Germania e Norvegia, che hanno espresso una forte opposizione alla presenza delle armi nucleari americane sul loro territorio.

Sulla base di alcune congetture, è ragionevole affermare che le armi tattiche americane dispiegate sul suolo turco hanno ad oggi solo un valore simbolico e, quindi, il loro potenziale ritiro non è un fattore sufficiente a spingere la Turchia verso un’avventura militare di tipo nucleare. In primo luogo, le forze aeree turche non hanno più un legame operativo con le rimanenti armi nucleari e questo significa che, all’occorrenza, l’intervento degli aeromobili da combattimento americani sarebbe inevitabile. In secondo luogo, la protezione militare fornita dalla NATO ai suoi membri può essere raggiunta con altri strumenti quali il dispiegamento di sistemi missilistici di difesa sul suolo turco, piuttosto che il dispiegamento di armi nucleari.

Nonostante la Turchia si estenda in un ambiente tendenzialmente ostile e i decision makers turchi non vogliano rinunciare alla politica dell’ombrello nucleare, quasi tutti gli analisti di sicurezza concordano sul fatto che le armi nucleari tattiche schierate negli Stati europei (includendo quelle turche) non hanno più alcun valore tangibile. Infatti, sembrerebbe che non c’è alcun scenario realistico nel quale queste armi possano essere usate.

La Turchia ed il sentiero verso le armi nucleari

La Turchia vanta una storia eccezionale per quanto riguarda l’adesione ed il rispetto delle politiche internazionali concepite per fermare la proliferazione delle Armi di Distruzione di Massa. Tale comportamento si sostanzia non solo attraverso la sottoscrizione dei principali trattati in materia, ma anche favorendo l’implementazione di una zona libera da armi di distruzione di massa nella regione e sostenendo il disarmo nucleare a livello globale. La potenziale realizzazione di una zona libera da armi nel Medio Oriente è vista come un mezzo per attenuare le tensioni nella regione.

La decisione di adottare armi nucleari dipende dalle capacità tecniche della Turchia in combinazione con l’intenzione di coloro che sono investiti del potere decisionale nel sistema politico turco. Al momento gli analisti internazionali sono preoccupati che un Iran dotato di armi  e dei loro vettori spingerebbe tutto il vicinato ad esplorare l’opzione nucleare. Tuttavia le buone intenzioni della Turchia non possono essere facilmente invertite. È un dato di fatto che una decisione di Ankara verso l’opzione atomica finirebbe seriamente per complicare la sua posizione internazionale, pregiudicando altresì la sua crescita economica e danneggiando le sue relazioni con gli alleati occidentali.

Alla luce della storia “non – nucleare” della Turchia e del suo affidamento sugli impegni di sicurezza della NATO, è pressoché improbabile immaginare uno scenario in cui Ankara semplicemente abbandoni il suo status di lunga data di partner di prestigio del regime di non – proliferazione internazionale in favore di una capacità militare nucleare indipendente.

Coerentemente, piuttosto che sviluppare la sua propria bomba nucleare, la Turchia sembrerebbe più interessata ad acquisire una robusta capacità militare convenzionale con cui poter sopperire, in piena autonomia, ai compiti originalmente riservati alle armi nucleari. Complessivamente, si può prospettare che Ankara rimarrà legata alle garanzie di sicurezza della NATO, nel frattempo sviluppando uno scudo missilistico indipendente e capacità per incrementare i suoi servizi di intelligence. Quindi non ha molta importanza se di fatto la Turchia ha le risorse economiche per finanziare dei progetti nucleari militari, né tanto meno il fatto che essa abbia lanciato il proprio programma nucleare civile nel 2010 dopo aver siglato un accordo con la Russia per la costruzione di un reattore nel sud del Paese. Ciò che davvero conta è che, benché Ankara possa sopperire facilmente alla sua mancanza di infrastrutture, una questione diversa è che essa consideri l’opzione nucleare in proprio un alternativa fattibile al sistema di alleanza militare con la NATO.

Conclusioni

Indipendentemente dall’esatto grado di sviluppo del programma nucleare iraniano, l’assetto di sicurezza turco potrebbe sperimentare una progressiva evoluzione per adattarsi ad un contesto strategico da post Guerra Fredda.

Come abbiamo visto il fondamento logico delle armi nucleari tattiche dispiegate in Turchia è in pieno declino. In più il Paese anatolico rimarrà in completa adesione con le sue obbligazioni di non–proliferazione nucleare. In futuro è assai probabile che Ankara percorra la via dell’incremento delle capacità militari convenzionali per controbilanciare le minacce percepite a livello regionale. A conferma di tale trend, il Governo turco ha siglato nel 2013 un accordo per la coproduzione di un sistema di missili balistici di difesa (FD-2000) con la China Precision Machinery Import-Export Corporation (CPMIEC). Ciò sembra sintomatico della volontà della Turchia di divenire indipendente nell’importante campo delle armi strategiche.

È inoltre probabile che la Turchia continui a fare affidamento sulla politica di deterrenza estesa della NATO, poiché questo concetto pare ancora essere patrimonio fondamentale della coalizione occidentale. Tutto sommato si può affermare che Ankara è sulla via di sviluppare il suo proprio programma nucleare per far fronte ad esigenze energetiche crescenti, ma non per fini militari.

* Daniel Angelucci è Dottore in in Scienze Politiche (Università di Teramo)

Per approfondire:

- Mustafa Kibaroğlu, Nuclearization of the Middle East and Turkey’s Possible Responses, November 2012

- Mustafa Kibaroğlu, Between Allies and Rivals: Turkey, Nuclear Weapons and BDM, Proliferation Papers, n°49, 2014

- Henri J. Barkey, Turkey’s Perspectives On Nuclear Weapons And Disarmament, STIMSON – Nuclear Security Series – Vol.VI

- Sinan Ülgen, The Security Dimension of Turkey’s Nuclear Program: Nuclear Diplomacy and Non Proliferation Policies

- Sinan Ülgen, Turkey And The Bomb, February 2012

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