Per questo era prevedibile che con Kiev emergesse una convergenza sulla questione-Crimea, favorita anche dalle recenti tensioni russo-turche in Siria: la dichiarazione congiunta alla fine del vertice parla infatti di impegno comune per metter fine all’ “occupazione” della Penisola, ma soprattutto per rafforzare la sicurezza nel Mar Nero ed aumentare la cooperazione anche nell’ambito NATO, di cui l’Ucraina ambisce a diventare membro. Ma al di là della stretta terminologia politica, il neonato Asse del Mar Nero tra Turchia e Ucraina rischia seriamente di provocare un’escalation di tensioni con Mosca: già il bilaterale dello scorso mese tenuto tra i due Paesi a Kiev si era concluso con un’intesa per la produzione congiunta di armamenti, e ora l’incremento delle esercitazioni navali nel Mar Nero e della vendita di munizioni a Kiev da parte di Ankara sono azioni che la Russia considererà, inevitabilmente, un atto di ostilità nei propri confronti. Con tutte le conseguenze che ne deriveranno.
Senza poi considerare l’esplicito sostegno economico e politico che la Turchia intende conferire ai Tatari, minoranza turcofona che costituisce il dieci per cento della popolazione della Crimea, culturalmente legata ai dirimpettai turchi e proprio per questo fino al 2014 in rapporti non sempre idilliaci con il governo di Kiev: nonostante ciò, della delegazione ucraina che ha incontrato Erdogan faceva parte anche il leader tataro Refat Chubarov. Questo non deve stupire più di tanto: fin dall’annessione russa la minoranza tatara è stata più volte utilizzata da gruppi paramilitari ucraini nelle attività di sabotaggio delle infrastrutture civili in Crimea, non ultimo l’attentato di dicembre ai tralicci energetici che alimentano la Penisola di elettricità, e che è stato anche condannato in sede Onu.