Turchia, imprenditorialità femminile e violenza contro le donne

Creato il 04 maggio 2013 da Istanbulavrupa

Meno violenza, più impresa. In Turchia, ancora nel XXI secolo, le donne vengono numericamente tenute ai margini della politica e delle attività economiche; in più, i casi drammatici di omicidi, di stupri, di sottomissione fisica e psicologica - a cui fanno spesso seguito casi di sfacciata impunità - riempiono quasi quotidianamente le cronache: e non solo nelle zone rurali. Una ricerca ufficiale del 2008, ad esempio, indica come a subire violenza "almeno una volta nella propria vita" è il 39% delle donne turche, il 38% nel contesto urbano e il 43% in quello rurale. Appena nominata, dopo le elezioni del 12 giugno 2011, il ministro della famiglia e delle politiche sociali Fatma Şahin si è coraggiosamente lanciata contro mentalità, pratiche, ostacoli burocratici, inadeguatezza organizzativa e normativa: dando spesso alla sua lotta - che non sempre ha trovato adeguato sostegno nell'establishment politico - una dimensione internazionale.

Primo, meno violenza. Alla Şahin si deve la storica legge n° 6284 dell'8 marzo 2012 - una data ovviamente non casuale - "sulla protezione e la prevenzione della violenza contro le donne", che ha introdotto nella legislazione turca strumenti più incisivi - soprattutto per quanto riguarda la prevenzione, in passato colpevolmente trascurata - e ha creato dei meccanismi operativi all'avanguardia. In più, ha scatenato una campagna mediatica per informare - con ogni mezzo - sulle nuove opzioni a disposizione delle donne che subiscono violenza, all'interno delle mura domestiche e non solo. Anche negli opuscoli informativi del ministero - persino tradotti in inglese - la nuova legge è poi presentata come diretta conseguenza della "Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica" dell'11 maggio 2011 - meglio nota come "Convenzione di Istanbul" - che la Turchia ha ratificato per prima (non è ancora entrata in vigore) e di cui applica convintamente l'approccio "delle quattro P": prevenzione, protezione, pena, politiche.

La grande novità - relativamente a quest'approccio - è la creazione di "centri per la prevenzione e il monitoraggio della violenza", presenti finora in 14 province su 81 con modalità sperimentale: a cui ci si può rivolgere - in forma del tutto gratuita e anonima, 24 ore su 24 - ancor prima di aver subito violenze di rilevanza penale; violenze che - come stabilisce la legge - possono essere non solo di natura fisica e sessuale, ma anche psicologica ed economica: e le cui forme concrete sono elencate in modo anche crudo nel materiale esplicativo.

Nei centri, raggiungibili anche per via telefonica al 183, opera personale specializzato di ogni tipo: dai medici ai legali, in base al principio di cooperazione tra tutti gli enti pubblici coinvolti; mentre sono attivi anche "centri di accoglienza" che offrono ospitalità per 6 mesi rinnovabili e opportunità di formazione. Lo slogan è: "tolleranza zero verso la violenza contro le donne".

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(il resto dell'articolo - la parte in cui si parla di imprenditorialità femminile - potete leggerlo qui)