Tutta colpa della neve
di Virginia Bramati
Autore: Virginia Bramati
Serie: //
Edito da: Mondadori
Prezzo: cartaceo 14.00 € // ebook 4.99€
Genere: Romanzo
Pagine: 264 p.
Trama: Annalisa Molinari, “Sassi” per gli amici, ha 26 anni e da Verate, in Brianza, si è trasferita a Milano, dove condivide un appartamento con due amici. Intelligente, ironica e sincera fino all’autolesionismo, spesso finisce per cacciarsi in situazioni imbarazzanti ai limiti dell’harakiri. Sotto il suo fare un po’ distratto, però, si nasconde una grande tenacia: quella che le ha permesso di laurearsi in giurisprudenza e di iniziare a lavorare in uno dei più importanti studi legali di Milano. Ed è proprio tra quelle pareti ovattate che, il primo giorno di lavoro, Sassi riesce a fare una delle sue buffe figuracce proprio di fronte a Max, figlio del fondatore dello studio, da poco rientrato dall’America per prendere il posto del padre. Un giovane ricco, antipatico e… terribilmente affascinante. Ma Sassi non può dedicare tutto il suo tempo alla delicata gestione dei rapporti nello studio, perché gli amici la reclamano (in particolare Eugenia, con la sua “lista dei buoni partiti da testare”), perché nei weekend torna a Verate, dove gli affari di cuore di sua madre la tengono non poco impegnata, e, soprattutto, perché deve proteggere il suo segreto: una ferita nascosta nel passato per la quale intende ottenere giustizia. Questa edizione è profondamente diversa dalla originaria versione self-published, grazie ai commenti di tutta la community e all’editing svolto dalla casa editrice.
Inizio questa recensione con una premessa: per ogni autore, il proprio libro è una creatura. La sua creatura. Dunque qualcosa verso la quale portare rispetto.
Io rispetto il lavoro che sta dietro ad ogni romanzo o racconto, dietro ad ogni storia e, scrivendo io stessa, so bene cosa significhi vedere la propria opera “disprezzata” o non apprezzata. Ma se mi lasciassi condizionare da questi sentimenti, non potrei fare il recensore per paura di far soffrire, e lo scrittore per il terrore di soffrire. Dunque, stringo i denti e vado avanti. Detto ciò passo alla recensione vera e propria.
Chi mi conosce sa che non amo le cose scontate, le trovate commerciali, tutto ciò che è young adult, la mancanza di originalità. Ebbene, in quest’opera, seppur scritta egregiamente, l’originalità è un miraggio. Solita trama. Mi ricorda molto Obsidian, solo che al posto degli alieni qui ci sono gli avvocati. Oppure Twilight, solo che i vampiri sono stati sostituiti dai legali. Mi spiego subito: una ragazza qualsiasi, svampitella, apparentemente normale, ma con quella normalità che la rende unica (questo concetto, poi, lo vorrei proprio spiegato!), un pò sfigatella, circondata da super fighe e super fighi, con il seno un po’ abbondante (hanno sempre tutte forme un po’ rotonde queste protagoniste), che si trova catapultata in un mondo più grande di lei.
Protagonista maschile: il solito bello e irraggiungibile, un po’ stronzo, carismatico, che trasuda sesso da tutti i pori. Una bellissima superfiga antagonista, con fisico da modella e seno da sedicenne in fiore che, nonostante il suo aspetto fisico, nasconde lati maniaco compulsivi da shopping e possessività. Il tutto viene condito da qualche amico e amica fidati che servono a riempire un po’ di pagine con le loro storie, un genitore morto (possibilmente il padre) e “le jeux sont fait“.
Non sembra tanto la trama di Obsidian di Jennifer L. Armentrout? Dove il bello di turno non è un alieno con super poteri, ma un super avvocato ricchissimo. La protagonista, Annalisa, detta Sassi (che pessimo nomignolo!) è di una banalità disarmante. Compie gesti di una stupidaggine inaudita. Trafughi un documento importantissimo, che ritieni top secret, lo perdi, e non cerchi di capire perché è sparito? Dove è finito?
Ma hai 26 anni! VENTISEI. E questo mi sconcerta. L’autrice, forse intenta nello studiare un modello letterario che potesse funzionare, nell’imitare trame e protagonisti, non si è resa conto che alla sua di protagonista ha dato ventisei anni (ventisei!) ma in realtà la fa comportare come una di sedici (vedi Obsidian, vedi Twilight). Ma la dottoressa Annalisa Molinari non è una liceale che non ha nulla da fare e in preda a crisi esistenziali e ormonali e che sbava dietro al belloccio di turno. No. La dottoressa Molinari (attenzione sto per ripeterlo l’ennesima volta) ha ventisei anni, è laureata in legge, sta facendo praticantato e deve preparare un esame per diventare magistrato.
Ma siamo sicuri?
Pur non essendo un fantasy, in questo romanzo ho dovuto più volte fare affidamento sulla sospensione dell’incredulità, e se avrete tempo da perdere per leggerlo, o se volete studiarlo per sapere cosa NON dovete scrivere, poi capirete il perché.
E poi, mi chiedo, a parte questa terza coppa C di cui la dottoressa Molinari si lamenta sempre, come diavolo è fatta? Che aspetto ha? Un aspetto qualunque, in modo da poter essere la maschera plasmabile a immagine e somiglianza di tutte. Una tabula rasa sulla quale poter imprimere se stesse. Ottima per potercisi immedesimare.
E no, a me così non piace. Io voglio carattere!
Devo però ribadire un concetto che ho accennato all’inizio di questa recensione, e spezzare una lancia a favore dell’autrice. Lo stile è quasi perfetto. La scrittura prende tantissimo, scorre veloce e si fa leggere con una tale leggerezza che persino io sono riuscita a portarlo a termine, anche in tempi davvero brevi. Per questo mi spiace ancora di più.
Cara autrice, hai un talento tra le mani, fallo fruttare, spremi le meningi e scrivi qualche bella storia di quelle che ti prendono alla pancia, che ti lasciano a bocca aperta, che ti ci fanno pensare la notte, o mentre sei in palestra, o quando stai mangiando un panino o durante la pausa caffè. Con le mie trame e il tuo talento diventeremmo famosissime. Da best seller. Perdonate la mia schiettezza, ma dovevo scriverlo, mi fa troppo ridere questo mio pensiero.
Insomma, la chiudo qui e… ancora due parole alla Casa Editrice: cara Mondadori, ma davvero tu scommetti in opere del genere? Ma ti stai scegliendo i lettori, o semplicemente vivi di rendita su quel target consolidato di amebe che amano sognare a occhi aperti, sogni vacui, fatti di nulla?
E ancora, mia cara autrice, il messaggio che mandi ti sembra il massimo della moralità? La ricchezza la fa da padrona. Non c’è un personaggio disagiato in tutto il tuo libro: blasonati, super ricconi americano-tedeschi, e chi era povero o asseriva di esserlo, per colpa della neve, lasciatemela passare, diventa a sua volta una super ricca. Sembra quasi che il denaro faccia la felicità.
Troppo, troppo sfarzo. Nessun contenuto intellettuale degno di nota. Mi dispiace autrice, ma davvero sono rimasta delusa.