C’è una cosa che debbo dirvi, soliti lettori; forse neppure la sospettate. Probabilmente v’immaginate una Scribacchina tutta d’un pezzo, granitica, alta un metro e ottanta, con due spalle enormi e un altrettanto enorme coraggio nell’affrontare le difficoltà. Con due mani tanto grandi e robuste che il solo pensiero d’un suo slap v’incute timore.
A ben pensarci, questo potrebbe essere il ritratto delle mie interpretazioni bassistiche.
Pel resto, non mi riconoscereste mai: mingherlina, spesso timorosa, con uno sguardo ch’è tutto fuorché truce.
Non vi parrà dunque cosa strana apprendere del mio innato terrore verso aghi, siringhe, sangue in gocce o in sacca.
L’ammetto: ogni visita al centro trasfusionale Avis è accompagnata da una certa angoscia. Eppure, cari i miei fanciulli, son ormai otto anni che con (falso) sprezzo del pericolo mi sottopongo alla bisogna.
Perché tutto ciò? Non sarebbe più semplice farsi eliminare dalla benemerita associazione e cancellare alla radice la fonte d’una delle mie paure?
Forse lo sarebbe, soliti lettori.
Eppure, ogni volta che mi capita d’andare a donare, scorgo un motivo in più per farmi coraggio: mi regalo una pacca sulla spalla e mi convinco che, sì, ne vale la pena.
Saranno i volontari – persone straordinarie, ma non son io a dirlo: è il loro operato che parla – che fan di tutto per mettere a proprio agio i coraggiosi donatori (v’è sempre qualcuno che, come la sottoscritta, sotto la scorza impassibile cela sudori freddi, con tutto quel che ne segue: una volta su due assisto a scene di svenimento collettivo da panico).
Saranno i sorridenti rimproveri dei medici quando – ma è capitato una sola volta, l’assicuro: proprio stamani – domando di donar soltanto plasma (“Scribacchina, stai scherzando? Com’è che non vuoi donare sangue intero? Sai benissimo che uno zero negativo può ricevere solo da zero negativo, e siete in pochissimi con questo gruppo…”).
Sarà il pensiero che una persona, chissà chi e chissà dove, riceverà con un sorriso di gioia il mio piccolo regalo di vita.
Sarà banale, sarà quel che volete, ma tutti questi piccoli aspetti del donare mi fan dimenticare per un paio d’ore il mio dannato, inestinguibile terrore dell’ago.
A riprova che le paure, anche se paiono schiaccianti, possono essere superate con un buon motivo.
Ed ora, soliti lettori, tutti a festeggiare: per altri tre/quattro mesi, niente più siringhe, aghi, sacche, sacchetti e accessori vari.
Dimenticavo: oggi offro io.