Tutta l'estetica della quotidianità
Creato il 29 marzo 2012 da Presidenziali
@Presidenziali
L’impressione è che i tempi stiano cambiando, ma in verità non è ancora così semplice dalle nostre parti, vedere i migliori film asiatici, soprattutto al cinema. Per fortuna esiste chi di questo ne ha fatto una missione, come quelli della Tucker Film (gli stessi che organizzano il Far East Film Festival di Udine) che da qualche tempo - prima con il giapponese Departures e poi con il sud-coreano Poetry - stanno cercando di distribuire in sala e in dvd, titoli davvero interessanti e, in alcuni casi, indispensabili. Rientra indubbiamente in quest’ultima categoria A Simple Life, che la regista 65enne Ann Hui ha presentato in concorso lo scorso anno a Venezia dove, tra le altre cose, la straordinaria protagonista Deannie Yip ha vinto la prestigiosa Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile.A Simple Life è un film buono, onesto, ma non melenso e ricattatorio. Un film semplice come il suo titolo, e che commuove gli spettatori. Da Hong Kong, arriva con questa piccola-grande opera, una vera lezione di umiltà e di umanità. La governante Ah Tao dopo sessant’anni di nobilissima carriera, in seguito ad un malore, decide di ritirarsi dal lavoro e ricoverarsi in una casa di riposo. Le rimane devotamente vicino l’ultimo rampollo della famiglia per cui ha lavorato una vita intera, Lee (Andy Lau, bravissimo) quarantenne produttore cinematografico, che si prenderà cura di lei fino alla fine. Gustave Flaubert nel racconto Un cuore semplice ci aveva regalato il ritratto della domestica Felicita, donna dal cuore puro e di quella naturale bontà che solo gli umili e gli ultimi, riescono a possedere. Non so se i due sceneggiatori di questo film e la regista Ann Hui si siano rifatti a quel racconto. Il titolo, Una vita semplice, lascia pensare che sì, ci abbiano pensato eccome. La vicenda poi è così simile da sembrare ricalcata su Flaubert, anche se qui si tratta dall’esperienza di famiglia dello sceneggiatore Roger Lee, anche se ci troviamo non nella Francia dell’Ottocento ma nella Hong Kong del XXI secolo. Una Hong Kong cinesizzata (nel senso di Cina popolare) ma non troppo, ancora orgogliosa della propria differenza e identità di ex città-stato. E difatti il protagonista quando deve andare a Pechino afferma: “Vado nella Cina continentale”, come se si trattasse di un altro mondo.A Simple Life ricorda un certo Olmi, nel suo pudore, nel suo mettere in scena vite che ancora credono in qualcosa, gente che non sa fare il male ma il bene, valori che ancora resistono alla marea montante e universale del nichilismo.Il film non ha un attimo di cedimento, gli sceneggiatori sono abilissimi nel dosare il registro drammatico, il patetico, la commedia. Ci si rende conto di quanto i temi toccati, che sono poi quelli dell’invecchiamento e della malattia, siano universali, e chiunque sia entrato per un qualche motivo in una casa di ricovero per anziani, ritroverà con precisione in A Simple Life gli stessi comportamenti, disagi, piccole sopraffazioni, slanci di solidarietà. In questo Hong Kong è vicina, incredibilmente vicina. Alla fine, ci si commuove fino alle lacrime e quando Ah Tao se ne va, abbiamo l’impressione che a lasciarci sia qualcuno che avremmo voluto conoscere davvero.
voto: 7.5
Voto redazione:------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Apeless: 6.5 | Presidente: 6.5
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