Ultimamente il tormentone è quello del ritmo. Perché Fazio e Saviano sono lenti: rompono il ritmo sincopato della TV e vengono accusati di essere soporiferi.
Siamo noi che non sappiamo più ascoltare e siamo diventati spettatori affetti da eiaculazione precoce, oppure la critica è oggettiva e plausibile?
Ogni cosa ha il suo ritmo, e questo è pacifico. Un ritmo che, se esistono due interlocutori, deve essere il più possibile sincrono: ce lo insegna il sesso, ce lo insegnano tutti i nostri orgasmi mancati.
Ma non solo: è il luogo, spesso, a determinare il ritmo. Un amplesso lento in un ascensore o in un bagno pubblico può essere un errore imbarazzante, così come una sveltina in camera da letto potrebbe essere un autogol tecnico.
Il problema è che, per semplificare il tutto, la nostra vita sta diventando una sveltina perenne: il registro preferito rimane sempre quello accelerato, ottimizzando tempi e risultati (ma è proprio sui “risultati” che infilo il mio primo, enorme, dubbio irrisolto).
Il grande rimprovero ci è venuto dallo SlowFood, che ci ha ricordato che la qualità è costosa, lenta, ma premiante (e che se proprio non ce la possiamo concedere sempre, almeno di tanto in tanto sì).
Ma la lentezza sembra sempre anacronistica, e le critiche alle tempistiche Fazio-Saviano ce lo insegnano.
Forse l’errore è il luogo: la narrazione lenta sarebbe più adatta al teatro. I tempi televisivi ormai sono quelli del Grande Fratello: lacrime, pianti, strazi e storie nel tempo di uno spot.
Ma è proprio quello che viene raccontato a fare la differenza: una storia noiosa non può avere un ritmo lento (non dovrebbe avere nessun ritmo, in realtà).
Un cunnilingus fatto male è inaccettabile sia lento che veloce.
Ma quando la storia è buona, e il narratore capace, allora ci si può permettere il ritmo della favola intorno al fuoco: anacronistica, ma meravigliosa.
Non so se ci sia la necessità di rieducare il pubblico televisivo: i risultati Auditel ci dicono che esiste un sistema immunitario che di tanto in tanto fa il suo dovere. Ma sicuramente dovremmo riappropriarci di quella parte di noi che abbiamo messo a tacere con la nascita dei termosifoni, dell’aerobica e del bunga-bunga.
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