Recitazione, canto, musica, luci, scenografia, costumi, balletti, coro, un putiferio di cose che ruotano attorno allo spazio scenico di uno spettacolo lirico, tutto costruito con sapienza artiginale, una vera e propria fabbrica creativa, con una ricca e unica tradizione italiana. Una macchina conplessa, molto costosa, realizzata da tante persone ( per aprire il sipario sono necessarie almeno 350 persone), che da lavoro a molte persone.
Giunta ormai al suo quinto secolo di esistenza, questa forma spettacolare nata in Italia agli inizi del Seicento è una forma d’arte ancora in fase di espansione geografica; nessun continente è immune dal made in Italy globalmente più diffuso: si cantano le opere italiane a New York e a Pechino, a Buenos Aires, a San Pietroburgo e in tutta Europa. E il piacere coinvolgente della recita è che tutto accade lì, davanti a te che guardi, ascolti, ti commuovi e fa si che si creda che tutto diventi possibile, perfino che un soprano muoia cantando…
Eppure, “l’Italia è il paese al mondo dove l’opera si fa meno e peggio”. Quest’arte italiana così invidiata è abbastanza sconosciuta ai giovani ed è elitaria. Quest’arte divide in classi sociali il pubblico degli appassionati. Per un giovane non è facilissimo accedere all’opera. Alla Scala di Milano la prima è un evento mondano, con annessi signori e signore che fanno sfoggio di pellicce o gioielli, mostrandosi ai fotografi e ai giornalisti per essere immortalati come vip. Lusso, sfarzo, opulenza in un avvenimanto unico anche per la tasche! Peccato perchè la musica parla un linguaggio universale, entra dentro ed emoziona indistintamente. L’opera poi, ci parla di una musica del passato che è presente ancora oggi e rappresenta una parte illustre del nostro patrimonio culturale, una sapienza artigianale creativa, riconosciuta come eccellenza all’estero.
E’ importante andare all’opera, perché fa parte della nostra cultura ed è li che la passione si sente.