Tutti contro Amazon? Anche Jonathan Franzen attacca il colosso americano.

Creato il 10 ottobre 2013 da Leo Sanguedinchiostro @sdinchiostro
A cura di Michele Mariotti
Negli ultimi tempi sembra non esserci pace per Amazon, lo store online dei libri ormai globalizzato. 

Questa è la sede centrale del sito, quella americana,
da cui vengono prese le decisioni che
     vengono poi applicate a tutti gli store sparsi per il mondo.

Il gruppo di Seattle è guidato dal suo fondatore Jeff Bezos sin dalla sua nascita nel 1994. Il sito è diventato in poco tempo leader del mercato USA e ha allargato il suo store a vari settori: cinema, musica, prodotti per la cucina, elettronica e molto altro. Con l’allargamento sono arrivate anche le nuove sedi, prima nel territorio americano e poi anche in Europa ed Asia, con conseguenti siti in Inghilterra, Francia, Germania, Spagna e l’ultimo, in ordine di data, qui in Italia.La forza di Amazon è senza dubbio, per prima cosa, il prezzo, e poi un sistema di consegna e spedizioni molto vantaggioso, nonché l’ampissima scelta che propone. Ma grandi i grandi colossi del marketing, si sa, sono sempre soggetti ad una marea di problemi e quelli di Amazon sembra provenire maggiormente proprio dal vecchio continente. Il primo caso scoppia in Inghilterra: il problema? Il pagamento delle tasse e dell’IVA. Amazon infatti ha una sede che si occupa degli affari europei (Amazon EU sarl), di base in Lussenburgo, dove ovviamente le tasse sono molto meno onerose. Quando acquistiamo sul sito, anche se compriamo dall’Italia, nella mail di conferma si legge “venduto da Amazon Eu sarl. e quindi tutte le tasse sulle vendite vengono scaricate in Lussemburgo e non nel paese dove si è effettuato l’acquisto. Questo il motivo scatenante delle interrogazioni parlamentari inglesi, in cui si chiede al colosso di pagare le tasse nel Paese dove vendono e senza usare la sede designata. Qui si apre un ginepraio di leggi e regolamenti in cui, per ovvi motivi, non ho intenzione di entrare. In ogni caso, al momento la situazione inglese non è ancora risolta.Per il secondo caso ci spostiamo, invece, proprio in Italia, ultimo Paese europeo in cui il sito ha messo radici, ma anche qui, a colpi di week-end col 40% di sconto su tutto il catalogo, la guerra con la concorrenza non ha tardato a far sentire i suoi effetti. A differenza degli altri siti all’epoca (Bol, Ibs, Feltrinelli ecc. ecc.) la grande e vera novità consisteva nella la spedizione gratis sopra i diciannove euro di spesa, o per i clienti più affezionati ed esigenti, il sistema Prime: pagando dieci euro forfettari l’anno, il sito garantisce spedizioni gratuite illimitate per qualunque importo di acquisto. Una vera e propria rivoluzione che, da lettore appassionato quale sono, in quel primo anno mi ha permesso di fare incetta di acquisti letterari. Ma il Parlamento non tarda ad elaborare un contrattacco, ovvero la legge Levi, poi soprannominata legge “anti-Amazon”, che viene votata da Destra a Sinistra e si propone come obbiettivo il salvataggio delle librerie fisiche, pesantemente danneggiate dalla politica abbassa-prezzi dello store online. In sostanza si vieta a tutti venditori di libri, digitali e non, l’applicazione di uno sconto superiore al 15%. Come tutti sappiamo, la legge è passata ed è tutt'ora applicata, nonostante vi siano casistiche particolari in cui le case editrici possono accordare sconti sino ad un massimo del 25% per periodi di tempo definiti e su particolari pubblicazioni. A conti fatti, i veri danneggiati da questo decreto sono gli stessi consumatori che per “salvare” le librerie – specialmente quelle indipendenti - pagano libri ad un prezzo più alto. In generale quando si parla di legge anti-qualcosa di particolare, e non in generale per tutti, mi viene sempre un po’ di pelle d’oca. Il dibattito sulla legge Levi è ancora aperto, specialmente tra librai, lettori e bibliotecari, in particolare queste ultime due categorie ancora oggi mostrano una certa perplessità rispetto agli effettivi risultati della decisione parlamentare. Personalmente, non sono sicuro dell’efficacia di questo approccio al problema delle piccole librerie: io stesso ammetto di aver semplicemente comprato meno e non ho comunque frequentato di più le librerie fisiche.Altro Paese, altro attacco al colosso americano: in Germania un servizio della TV tedesca Ard dichiara che oltre cinquemila dipendenti stranieri, assunti con contratto temporaneo per impacchettare i prodotti, venivano quotidianamente vessati da vigilantes spesso appartenenti all'ultradestra neonazista. Deve quindi intervenire la responsabile tedesca del gruppo Amazon che dichiara: “Abbiamo tolleranza zero per la discriminazione e l'intimidazione e ci aspettiamo lo stesso da qualsiasi compagnia con cui lavoriamo”. Con queste parole chiudono qualunque contatto con l’azienda appaltatrice dei lavori di cui i vigilantes erano stati accusati.Estate 2013, è di nuovo la Germania che annuncia scioperi di massa per ottenere aumenti salariali dei lavoratori della compagnia. Si astengono così dal lavoro ben 5.300 persone, i sindacalisti dichiarano che l’azienda è disponibile a discutere ma non a trattare, per cui si profila uno sciopero ad oltranza. Anche questo caso è ancora aperto. Potrebbe essere questo un motivo per cui i consumatori decidano di non effettuare più i loro acquisti sul sito? Sicuramente, se si è convinti che le condizioni dei lavoratori siano ingiuste, si può far pressione e cercare di cambiare le cose, ma è un’ipotesi lontana e dubito fortemente che si possa avverare, perché, aldilà del sostegno personale verso la causa, è raro che l’individuo-consumatore stia attento e si informi su determinate dinamiche dell’azienda, anzi, la maggior parte delle volte si preferisce non sapere. Amazon è solo l’ultimo colosso ad avere problemi di questo tipo, se si pensa che anche l’inflazionatissima Apple e tanti altri marchi sfruttano letteralmente i lavoratori di paesi asiatici: è risaputo ma non mi pare che i clienti deviino i loro acquisti per tali motivi. Triste ma vero.Un'altra mossa protezionistica simile a quella italiana ma meno invasiva arriva invece dalla Francia. Il ministro della cultura Aurélie Filippetti aveva detto lo scorso anno che avrebbe fatto di tutto per proteggere le librerie francesi dai colossi americani. Si è quindi votato, ancora una volta con unanimità dei partiti, un provvedimento con cui viene impedito ai siti di spedire gratuitamente ai clienti i libri. Anche in questo caso chi ne rimane coinvolto in maniera sfavorevole sono sempre i lettori. Ovviamente Amazon ha dichiarato il dissenso rispetto a queste pratiche ma si dovrà adeguare per forza di cose.Nasce invece in patria l’ultima polemica, nata non da un governo o da qualche editore ma da uno scrittore, e non uno qualunque, ma Jonathan Franzen. Molto famoso negli USA (di origini tedesche oggi vive a New York) è autore di numerosi best-sellers, pubblicati in Italia da Einaudi, tra cui: Forte movimento, Libertà e, soprattutto, Le correzioni, uno dei romanzi fondamentali della letteratura americana contemporanea. Il punto dell’esplicito attacco di Franzen ad Amazon sembra essere la paura che l’azienda arrivi a monopolizzare il mercato letterario. Paure giustificate non solo dal successo dello store, ma anche da alcune recenti mosse del colosso americano, come, ad esempio, l’acquisto del Washington Post, una delle testate statunitensi più note e autorevoli. Franzen afferma che “Amazon vuole un mondo dove chi pubblica è anche il responsabile della sua promozione. In realtà questo accade per gli esordienti che possono usare il self-publishing tramite la piattaforma Kindle, cosa che trovo davvero apprezzabile sia per le possibilità che offre sia per i prezzi veramente irrisori a cui uno scrittore può mettere in vendita la sua opera e farsi conoscere (spesso parliamo di prezzi sotto l’euro). Franzen continua: Amazon vuole lettori legati alle sue recensioni, ma questo sistema penalizza autori, case editrici e recensori responsabili. Le cose in futuro potrebbero migliorare solo tornando a recensori affidabili e librai-editori che fanno prezzi più alti ma pagano meglio gli scrittori.”Opinione legittima e da valutare, ma allora mi chiedo: se Mr. Franzen sostiene questa tesi per quale motivo si fa ancora distribuire da questa piattaforma in tutti i suoi siti? Non solo in cartaceo ma anche nel Kindle Store. Non sarebbe più coerente non far vendere i suoi libri da Amazon ma, magari, da altri concorrenti? Forse non conviene nemmeno a lui. L’autore continua accusando Amazon di essere la causa della scomparsa dei piccoli editori e delle librerie tradizionali. Non sono accuse nuove, come abbiamo già visto, ma il fatto che sia uno scrittore famoso a sostenerle fa effetto. Ancora una volta mi pongo una domanda: un editore che vende un e-book a quindici euro lo fa per sostenere lo scrittore o se stesso? Perché, parliamoci chiaro, un e-book non ha costi di stampa, carta o distribuzione e venderli a prezzi pari a quasi venti euro è una specie di furto legalizzato. Questo è anche uno dei motivi per cui i libri elettronici si diffondono ancora con difficoltà, specialmente nel nostro Paese. Per quanto vogliano farci credere il contrario la fetta di mercato degli e-book sul totale del venduto è del 2.3%, quindi decisamente irrisoria. La vera rivoluzione è nata con il Kindle, l’arma su cui Amazon ha scommesso anni fa, vincendo, tra l’altro, come si può facilmente constatare dalla sua diffusione. Migliorato continuamente nel tempo, non possiamo avere gli esatti fatturati, ma la certezza è che il merito della diffusione degli e-book va soprattutto a questo dispositivo. Gli altri editori sono arrivati di conseguenza. Un’altra domanda che dovreste porvi è: quando e se comprate da Amazon siete realmente influenzati dalle recensioni presenti? Condizionate i vostri acquisti in base a queste? Per quanto mi riguarda, sì, io leggo le recensioni, ma quasi mai mi fanno desistere dall'acquistare il libro che ho puntato. Questo perché ritengo che l’opinione degli altri utenti su di esso non sia tanto una critica letteraria oggettiva (altrimenti non sarebbe su Amazon), quanto un gusto personale facilmente contrastabile. A guardare bene, per molti libri vi sono spesso recensioni che vanno da una a cinque stelle, a dimostrazione di quanto queste recensioni corrispondano a diversi parametri di giudizio. Un’altra domanda interessante su cui riflettere è: pensate che gli interventi dei governi nel mercato siano giustificati? Queste mosse protezionistiche ricadono sempre sul cliente finale. Non si potrebbe, per esempio, dare uno sgravio fiscale alle librerie reali? In modo che possano competere con quelle virtuali senza che il consumatore ne paghi il prezzo.Alla fine dei conti, siamo noi lettori a fare il mercato e saremo sempre noi a dettare quelle che sono le future leggi e vie dei consumi. Non sarà, invece, che proprio editori e scrittori non sono stati in grado di intercettare un cambiamento epocale nello speso statico marketing del libro? Il non evolversi comporta sempre dei rischi.

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