Tutti dicono I love You

Creato il 02 febbraio 2010 da Pinomario

In tempi di “amore liquido” (Bauman) possiamo smettere di interrogarci su cosa diciamo quando diciamo: ti amo? O vogliamo appaltare, anche su questo argomento, il nostro cervello a conduttori e comparse di talk show e reality?
E allora cominciamo, facendoci guidare dalle riflessioni del raffinato filosofo Jean Luc Nancy, (Sull’amore, Bollati Boringhieri; vedi anche Nancy, M’ama non m’ama, Utet), dal constatare che in questo nostro mondo, comandato da troppi calcoli, aspettative e valutazioni, si ha l’impressione che amare sia sottoposto a troppe domande. “Amare – si, ma secondo quale misura di gusto? Secondo quale aspettativa di durata, secondo quale modo di esistenza? Secondo quali rischi e quali chance? Amare – sì, certo,vi aspiriamo sempre, ma non senza misurare i possibili costi e benefici, non senza prevedere più o meno espressamente la possibilità di limitare o di abrogare l’impegno. Amare – sì, lo diciamo sempre, ma non confondendo forse l’impegno incondizionato con le attrattive della condivisione (calore, compagnia, comfort non nel senso antico del termine, bensì scivolando verso il suo senso moderno di confortevole, gradevole, comodo) oppure con le spinte del desiderio?” Forse è per questo che l’amore ci sembra oggi talora in pericolo: minacciato, rovinato, degradato? Forse è per questo che “abbiamo sviluppato una coscienza così acuta delle illusioni, delle trappole e delle inconsistenze dell’amore”?
E poi, non è significativo che la parola cristiana per amore, la “carità”, terza virtù teologale, che starebbe a indicare un amare caramente, un sentire caro (chérir), un donare o riconoscere un prezzo assoluto (e quindi nessun prezzo calcolabile) a qualcuno, un valutare l’inestimabile, “sia caduta al rango dell’elemosina condiscendente e per questo quasi impossibile da riannodare seriamente all’amore di quel Dio” di cui è detto che “è amore” e che “la sua legge è amore”? Sembra davvero che si sia fatto di tutto, anche nella pratica dottrinale e sociale delle Chiese, per far svanire questo rapporto tra amore e Dio!
Perché ciò è avvenuto? Come è stato possibile?
Ci consola forse il fatto, scrive J.L. Nancy, che, in ogni caso e nonostante tutto, “siamo in apprensione per l’amore, che non cessiamo di cercarlo nella vita e di interrogarlo nel pensiero, comprendendoci e, assieme e allo stesso tempo, fraintendendoci su quel che abbiamo così di mira, questo solo fatto ci assicura che l’amore c’inquieta, che ci tiene in allerta e che è una scommessa” – la scommessa? Non ci resta allora che amare questa “inquietudine d’amore riguardo all’amore”?
In fondo, dovremmo, forse, dire: “l’amore ovvero il senso”!


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