Tutti gli uomini del Presidente. Giannini tenta di salvare Napolitano

Creato il 07 settembre 2013 da Giuseppe Lombardo @giuslom
Nel tentativo di salvare il salvabile, di mondare il Colle dagli errori compiuti, dalle parti di Largo Fochetti si fa parecchia confusione. Massimo Giannini, ad esempio, opinionista solitamente lucido, corre il rischio di prendere Berlusconi sul serio, di pretendere con Napolitano una condotta a regola d'arte che il Cavaliere non ha mai garantito in vent'anni di dominio politico. Eppure il notista del gruppo Espresso Berlusconi lo conosce abbastanza bene: lo ha incontrato più volte, ne ha scrutato da vicino difetti e tic, tanto da scrivere un libro sul personaggio e sul significato culturale della sua affermazione elettorale. Non è uno sprovveduto, insomma.Nell'editoriale apparso ieri sul quotidiano diretto da Ezio Mauro, Giannini spiega come il Quirinale, in una disamina politica ad ampio respiro, parta oggi da tre considerazioni: 1) "a questo governo non c'è alternativa, è forte anche solo per questo e per questo il Colle non prende neanche in esame altre subordinate"; 2) "aprire una crisi adesso precipiterebbe il paese in gravissimi rischi, come hanno ampiamente dimostrato le reazioni nervose dei mercati e degli organismi internazionali di fronte all'instabilità interna" (concetto, quest'ultimo, mutuato interamente dalle obiezioni mosse dal Ministro Saccomanni); 3) le sentenze vanno rispettate ed eseguite, sempre e comunque.Sulla base di tali argomentazioni ed accettando la moral suasion del Colle, Berlusconi dovrebbe avvertire quasi misticamente la necessità di "scindere i suoi destini personali da quelli del governo, dalla destra e perfino dal paese": dovrebbe, cioè, rinunciare a rovesciare il tavolo delle trattative, silenziare i falchi del partito, rassegnare le dimissioni al Senato, affidarsi alla mediazione di Letta ed adottare un codice comportamentale che realisticamente non ha mai preso in considerazione, neppure per un nanosecondo, da quando ha instaurato il suo lungo regno nei palazzi romani. Si esige dal Cavaliere un atteggiamento da statista, quando da sempre appare chiaro l'intento dell'uomo di salvaguardare l'interesse delle sue imprese prima ancora della produttività interna. Parlare del Caimano e della destra come se non fossero gli stessi interpreti che, non più tardi di una settimana fa, magnificavano l'ascesa dinastica della giovane Marina non giova né al sistema politico, né alla realtà in cui viviamo.Paradossalmente, uscendo da quest'opera di letteratura fantasy, possiamo vedere come Giannini finisca suo malgrado per indicare le vere colpe di Napolitano, nel tentativo maldestro di tutelarne invece l'immagine e l'onorabilità politica all'interno di una congiuntura difficile. Un’autentica eterogenesi dei fini.
Sì, perché un presidente della Repubblica ha il compito di verificare l'esistenza di maggioranze solide in Parlamento, non già quello di indicare la rotta, i programmi e l'azione dell'Esecutivo. Se Napolitano rifiuta aprioristicamente l'ipotesi del ritorno alle urne e al contempo si rende conto dell'impasse in Transatlantico, nell'esercizio delle sue funzioni ha il dovere di non scartare alcuna ipotesi, altro che rifiutare differenti subordinate! Il presidente della Repubblica è il garante della Costituzione ed essa sancisce l'adozione di un sistema parlamentare dotato di pesi e contrappesi, non già la declinazione di una forma esasperata di presidenzialismo piduista. La scusa della stabilità come valore aggiunto non regge la prova del nove: i mercati sono in fibrillazione perché da giorni il valzer del centrodestra sulla sfiducia programmata blocca l'ottimismo sulle prospettive di crescita. Come credere alle promesse di un paese reso ostaggio da una cricca più finanziaria che politica? Non a caso ne paga lo scotto perfino Mediaset, le cui azioni appaiono pesantemente in calo. In questo perverso meccanismo si disvela il paradossale ricatto del Pdl: identificare gli interessi del proprio leader con le fortune economiche del popolo italiano, avendo una perenne spada di Damocle puntata sul capo delle istituzioni democratiche. Una minaccia di harakiri, sobillata però con fare da kamikaze.Sul fatto che le sentenze vadano eseguite, poi, le rimostranze degli italoforzuti non sono neppure destituite di fondamento: pesa ancora la grazia concessa a Joseph Romano, un atto insulso e assurdo, un tributo versato agli Stati Uniti a dispetto delle elementari norme di diritto vigenti. Per tutti questi motivi Napolitano non può essere considerato né come vittima, né come spettatore di questo umiliante passaggio della nostra storia patria; è, semmai, l'artefice, il responsabile e l'ideologo dello stallo in cui annaspiamo.G.L.

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