Bruce Springsteen è l’uomo che ha reinventato il rock & roll. Nel 1972 rock & roll significava revival, Sha-na-na, Platters e oldies but goodies. Elvis, Chuck Berry, Jerry Lee Lewis, Little Richard erano gli idoli dei padri, non dei figli. Quando il 5 agosto 1972 si tenne al Wembley Stadium a Londra, nella vecchia Inghilterra, uno show di vecchie stelle, a cui furono invitati Bo Diddley, Jerry Lee, Bill Haley, Little Richard e Berry, per molti giovani fans di Stones e Glam Rock (come me) quella fu la prima occasione di sdoganamento del R&R, assieme a cover di quegli anni come Sweet Sixteen di Ringo Starr e Stand By Me di John Lennon. Ma lo si considerava comunque sempre un divertissement di canzoncine di tre minuti. Poi arrivò Bruce Springsteen, che cantava il rock & roll ma cantava anche la nostra vita, le nostre situazioni, i nostri inni. Uno scatenato rocker in cui identificarsi totalmente. Springsteen arrivava dalla scena dei bar, delle cover band che suonavano gli hit per i turisti del Jersey Shore, soprattutto i 45 giri di quella seminale scena del rock & roll “minore” dei primi anni sessanta, dopo “the day that rock & roll died” (Elvis a militare, Jerry Lee in galera, Little Richard ritirato, Buddy Holly e Ritchie Valens muoiono in un incidente aereo) e prima della british invasion. La scena Soul di Memphis, la Philles, Roy Orbison, Dion & The Belmonts, Gary US Bonds, Jackie Del Shannon, Johnny Rivers, Mitch Ryder, Isley Brothers… Bruce Springsteen era un interprete indiavolato ed un leader nato, tanto da guadagnarsi il soprannome di “capo” (boss) e di coagulare attorno a sé il meglio della scena musicale del shore. Il suo progetto era di dirigere una grande R&B band con i fiati, come avrebbe poi fatto negli anni a venire un amico della stessa scena, Southside Johnny.
Greetings From Asbury Park, NJ (1973) ★
Tuttavia l’esordio discografico non suonava rock & roll, ma come il "nuovo Dylan". Springsteen era molto influenzato dall’idea di cantare la poesia urbana della nuova generazione, e il mezzo naturale per farlo sembrava seguire le orme del songwriter del Village, allora ancora all’apice della sua popolarità e portavoce ufficiale della scena rock americana. Le lunghe e liriche canzoni di Greetings hanno una base acustica, e vedono una partecipazione limitata della band. Per quanto acustiche le canzoni sono vivaci, visionarie, ricche di personaggi indimenticabili disegnati a colori vividi, come i protagonisti di Lost In The Flood ed il “Marlon Brando” di Saint In The City. In un ripensamento finale partecipano anche i membri della band nella registrazione di Spirits In The Night e For You.
Un album che negli anni è cresciuto fino a diventare fondamentale, ma che allora passò piuttosto inosservato se non per una cover di Blinded By The Light dello stesso Manfred Mann che aveva avuto successo con If You Gotta Go, Go Now e Just Like A Woman di Dylan, oltre a Pretty Flamingo.
The Wild, The Innocent & The E Street Shuffle (1973) ★
Insoddisfatto della registrazione, Bruce rientrò immediatamente in studio con la E Street Band (ancora senza Miami Steve, e con il jazzista David Sancious al piano e Vini Lopez alla batteria), per creare un lirico, epico poema su New York City, una Mean Street in musica, una West Side Story in rock. Qualche brillante pezzo del repertorio come Sandy e Kitty’s Back sulla prima facciata, ed una seconda sinfonica fra Roy Orbison e Leonard Berstein, con le incredibili storie di Spanish Johnny, Rosalita e la NYC Serenade. Un mito.
Live At The Main Point (5 febbraio 1975) ☆
Uscito come bootleg questo disco racconta della leggenda “dell’uomo che volle farsi boss” (© Mauro Zambellini). La forza, la potenza, la visione, l’energia, la poesia del suo leggendario live show con i brani del repertorio e quelli che stava preparando per Born To Run. E le cover, di Chuck Berry (Back In The USA), Isley Brothers, Chiffons e Dylan.
Born To Run (1975) ★★
Il disco che voleva essere l’opus one, il capolavoro in cui coagulare il proprio talento, la scrittura finale della leggenda del rock & roll, fra Roy Orbison e Phil Spector. Registrato e riregistrato, arrangiato e sovraarrangiato, con la produzione un po’ lassa di John Landau (che di mestiere faceva il giornalista), è il capolavoro della canzone d’amore di Thunder Road, Born To Run (inno “non ufficiale” del New Jersey), il dramma cinematografico di Backstreets, il rock & roll alla Buddy Holly di She’s The One, la sinfonia di Jungleland, e l’autocelebrazione della band in 10th Avenue Freeze-Out (con Bad-scooter e Big Man).
Il disco che fece del rocker una leggenda.
Hammersmith Odeon, London ’75 (18 novembre 1975) ★
Il concerto con cui la E Street Band definitiva veniva a conquistare Londra e l’Europa. Non fu stampato fino agli anni duemila. Nei bis fanno la comparsa il Detroit Medley e Quarter To Three.
Glory Days.
The Promise (1976-2010)
Al successo planetario di Born To Run fece seguito un periodo di silenzio, legato alla causa che Springsteen intentò al manager Mike Appel per liberarsi della sua figura. In quegli anni Bruce si rinchiuse in studio di registrazione e registrò una quantità difficilmente valutabile di canzoni. In un primo momento pensava di omaggiare le proprie radici rock & roll degli early sixties. I demo finirono molto tempo dopo in questa stampa.
Darkness On The Edge Of Town (1978) ★★
Se E Street Shuffle e Born To Run cantavano il rock urbano di NYC, Darkness è un crudo quanto entusiasmante road movie sul rock della periferia e della oscurità dell’animo. Essenziale negli arrangiamenti, irresistibile nella potenza, “antemico” nella scrittura, contiene tutti i temi del rock urbano e del rock rurale, tutti i temi della poetica di Springsteen. Badlands e The Promised Land sono imbattibili e non più raggiunte nella potenza dell’(oscuro eppur ottimista) inno generazionale, Adam Raised a Cain e Factory urlano la frustrazione, Something In The Night e Streets Of Fire cantano la voglia di vivere, Candy’s Room e Prove It All Night la passione di amare, Racing In The Street e Darkness sono immobili e drammatiche poesie notturne dell’anima.
Il capolavoro?
Southside Johnny and The Asbury Jukes: Heart Of Stone (1978) ☆
Le canzoni registrate nelle session di Darkness furono veramente tante. "Miami" Steve Van Zandt, il chitarrista e amico d'infanzia di Bruce, non aveva la stessa visione sull'album finale, ma era più portato a pensare ad un album da Jersey Store. Per questo portò una manciata di canzoni agli Asbury Jukes, la band di Southside Johnny di cui però era stato fino a quel momento una specie di leader ufficioso. Realizzarono un ottimo album, il migliore della band, una specie di Darkness con i fiati. Alcune canzoni sono di Steve, altre di Bruce (Hearts Of Stone, Talk To Me), altre scritte assieme (Trapped Again).
Winterland ’78 (15 dicembre 1978, bootleg) ★★★
La registrazione (pirata) del miglior show della miglior E Street Band di sempre, con le versioni estese e recitate delle canzoni dell’epica del Boss. Ne esiste anche un film ufficiale (registrato la notte prima), lo Houston ’78 Bootleg.
No Nukes (1979)
Triplo album e doppio CD che testimonia del concerto antinucleare del 23 settembre 1979 al Madison Square Garden di NYC (sull’onda dell’emozione suscitata dall’incidente di Three Mile Island (in Pennsylvania il 28 marzo di quell’anno). Bruce partecipa con una versione accorciata del Detroit Medley e con una incredibile versione di Stay con Jackson Browne, il brano con cui il cantautore di Los Angeles aveva raggiunto il grande successo mondiale. Per noi fan affamati di E Street band era una vera perla.
The River (1980) ★★
Registrato ai Power Station studios di NYC fra il 1979 ed il 1980 (l’anno raccontato in Summer Of S.A.M. di Spike Lee), è un doppio LP che canta il mito della E Street Band in canzoni che non hanno alcun arrangiamento di studio ma solo quelli che la band usa nei propri concerti dal vivo. Bruce racconta infinite storie metropolitane di amore, di vita e di morte, di gioia e di dolore, di speranza e di frustazione. Un disco da consumare di ascolti ed in cui identificarsi completamente. Contiene venti canzoni, mentre altre ed altrettanto belle rimaste fuori dal master finale si sono viste sui 45 giri e nella raccolta Tracks (Cindy, Be True, Loose Ends…).
Il tour raggiunse l’Europa e sfiorò l’Italia con la leggendaria (per noi) serata all’Hallenstadion di Zurigo l’11 aprile 1981.
Nebraska (1982) ★★
Disco solista per voce e chitarra acustica, registrato in casa su un registratore a cassette come demo per un disco con la band ma poi dato alle stampe in quella formula grezza. Un altro highlight assoluto della carriera del Boss, con dieci poesie asciutte e minimali, senza neppure una parola o una nota in più del necessario. Canzoni fatte di poche strofe e di poche parole assolutamente perfette nel peso del loro significato. Schegge più o meno impazzite di American Dream. Molte cover, fra cui due del grande Johnny Cash ed una dei Beat Farmers, oltre che quella di Springsteen stesso con la Seeger Session Band.
Murder Incorporated (-)
Nei giorni successivi a Nebraska, nei concerti della band hanno fatto la comparsa canzoni altrettanto crude e “rurali” sullo stesso stampo, ma con la differenza di essere elettriche anziché acustiche. Pezzi mitici come Murder Incorporated, Seeds, This Hard Land avevano lasciato credere a noi fan che sarebbe uscito un disco fratello gemello elettrico di Nebraska. Il disco non uscì, ma brani sullo stesso genere riempirono vari album a venire, come Spare Parts, Shut Out The Light, Living Proof, Leaving Train, Soul Of The Departed, fino alla registrazione di The Ghost Of Tom Joad. Inoltre Bruce apparve su un disco dedicat a Woody Guthrue (Folkaways: A Vision Shared) con I Ain’t Got No Home e Vigilante Man.
“hey there mister can you tell me
what happened to the seeds I’ve sown
can you give me a reason, sir
as to why they’ve never grown…”
Born In The U.S.A. (1984) ★★
Bruce tornò in studio con Bob Clearmountain alla consolle, con l’ansia di produrre un disco che portasse il suo pubblico a ricordarsi di lui. La stessa ansia che aveva mosso Born To Run lo aiutò a registrare il più perfetto disco rock & roll (“we learned more from a three minutes record than we ever learned in school) della storia. Dodici canzoni di quattro minuti, sei per facciata, con tutta la danza e la comunicativa che una canzone può avere. Non a caso dal LP furono estratti sei 45 giri (ognuno però con un b-side inedito). Il perfetto revival del rock a la Creedence Clearwater Revival pressapoco dieci anni dopo. Il disco fu uno stimolo per lo stesso John Fogerty per uscirsene con il proprio Centerfield.
Fu l’album più venduto in U.S.A. e nel mondo nel 1985 ed il più venduto di sempre di Springsteen, quello che ne ha fatto una star del mainstream, e, a memoria mia, il primo per cui registrò dei video su misura.
Tunnel Of Love (1987) ★
La vita sentimentale di Bruce era piuttosto intensa e burrascosa. La sua Suzanne Ruotolo fu Diane Lozito, che gli ispirò For You, Sandy, Rosalita, Terry e Crazy Janey. Poi fu la volta della relazione con la fotografa Lynn Glodsmith, con cui ebbe un diverbio sul palco di No Nukes. C’era una ragazza a cui era attribuita la canzone Be True, ma non ne ricordo il nome. Poi venne il turno dell’attrice Julianne Phillips, che divenne la sua prima moglie. Un tipo di ragazza diverso da quello di cui i fan erano abituati a sentirlo cantare, ed infatti il matrimonio non durò. Springsteen si fidanzò un po’ alla volta con la sua corista Patti Scialfa, che era stata anche corista con i Southside Jukes e che divenne la sua compagna definitiva e gli diede tre figli. Tunnel Of Love è una specie di album fotografico della vita amorosa, sua come di chiunque di noi. Cade proprio all’inizio della relazione con Patti e non è difficile leggerci del suo matrimonio, della crisi, della separazione e della rinascita nel nuovo amore. Da questo punto di vista TOL è sempre stato un riferimento importante anche per me, come immagino per molti di noi. Le canzoni dell’album sono molto belle, ma non sono suonate con la E Street Band, o almeno non nel modo tradizionale, e questo si avverte.
(continua - sto scrivendo…)