120 opere della collezione di Jonas Netter, il collezionista illuminato che fu tra i primi a riconoscere il genio di Amedeo Modigliani e Chaïm Soutine. In mostra, tra gli altri, anche Susanne Valadon, Maurice Utrillo, Moise Kisling. Fino all’otto settembre, al Palazzo Reale di Milano.
Jean Cocteau, Amedeo Modigliani, Max Jacob, André Salmon e Manuel Ortiz de Zárate davanti all’ufficio postale di boulevard de Montparnasse, 12 agosto 1916 © Diritti Riservati“
Passò come una meteora; tutto grazia, tutto collera, tutto sprezzo. La sua anima altera di aristocratico aleggiò a lungo fra noi nei riflessi cangianti dei suoi begli stracci versicolori”, scriveva Paul Guillaume nel 1930 a proposito di
Amedeo Modigliani, dieci anni dopo la fine della sua breve e conflittuale esistenza consumata a Parigi, città-fulcro del fermento artistico europeo e polo d’accoglienza di rifugiati politici e gruppi d’avanguardia dislocati tra Montmartre e Montparnasse.È in questo contesto di rivoluzione estetica che Jonas Netter (1867-1946), lungimirante collezionista ebreo alsaziano, entra in contatto con Modigliani tramite Zborowski e acquista quaranta opere dell’artista livornese. Tra queste, in mostra,
Elvire con colletto bianco, due ritratti di Jeanne Hébuterne e uno dei suoi più grandi capolavori:
Bambina in azzurro. Inizialmente influenzato da Cézanne e successivamente dai Fauves, Modì rappresenta il mito della figura umana attingendo a quella tradizione che aveva assorbito dal tardo gotico ai maestri toscani del Quattrocento, tra sacralità e ossessione. I volti malinconici dallo sguardo assente evocano quella drammaticità brutale e al tempo stesso fragilissima che rappresenta un
unicum tra gli artisti della Scuola di Parigi.
Amedeo Modigliani, Ritratto di Lepoutre, 1916 © Pinacothèque de ParisNetter sostiene generosamente Modì ma anche
Maurice Utrillo – rappresentato da vedute di Montmartre e Montmagny del periodo bianco, fase di intensi impasti materici dai toni lattiginosi -, sua madre
Susanne Valadon, vera artefice della carriera artistica quanto della sua follia, e
Moise Kisling, che apre la mostra con un ritratto del collezionista illuminato. Non ultimo
Chaïm Soutine, col quale ha un rapporto più difficile per la personalità asociale e inquieta dell’artista, che approda a Montparnasse nel 1912 in una comunità di artisti provenienti dall’est europeo e dalla quale prende le distanze, in particolare da quel decorativismo prettamente orientale. Giunge a un’aspra deformazione espressionista, dai violenti cromatismi, nell’esternare conflitti interiori che vanno dall’angoscia alla disperazione fino a confluire nella più assoluta follia. Come mostrano i capolavori in mostra, grotteschi e allucinati, tra cui
Carcassa di bue squartato,
La Pazza,
Donna in verde e
Scalinata rossa.
Chaïm Soutine, Donna in verde, 1919 ca.La mostra vale una visita solo per il corpus d’opere travolgenti di quest’anima visionaria e tormentata, vittima di una violenza fisica in gioventù tale da ridurlo alla pazzia e che mai aderì a una corrente artistica.
Roberta VanaliMilano // fino all’8 settembre 2013Modigliani, Soutine e gli artisti maledetti. La collezione Nettera cura di Marc RestelliniPALAZZO REALEPiazza del Duomo 1202 875672www.mostramodigliani.it