Tutta la serie di stratagemmi narrativi che fanno procedere il racconto lasciano intendere fin da subito che il testo di partenza proviene dal teatro e soprattutto che è proprio il teatro la fonte – pare inesauribile - dalla quale un certo tipo di cinema francese attinge per non prosciugarsi a sua volta. Accade dunque che gli stereotipi di partenza caratterizzanti i personaggi passino in secondo piano rispetto all’efficacia con la quale l’equivoco di molieriana memoria s’inserisce in un tessuto drammaturgico pressoché perfetto, non precludendosi la possibilità di un finale poetico e tutt’altro che scontato.
Al netto di una costruzione impeccabile, l’unico difetto appartiene ancora una volta alle modalità distributive italiane e si tratta del doppiaggio, che sta diventando una vera piaga per i film d’autore che arrivano nelle nostre sale e che va ad impoverire ulteriormente la cultura cinematografica di un pubblico – quello italiano – già di per sé abbastanza lacunosa e problematica. Antonio Romagnoli