Con la scusa che certa musica è “bella” secondo la maggior parte della gente talvolta se ne fa un uso inadeguato. La scelta di un ascolto da irradiare lungo le coordinate ben precise dello spazio e del momento non dovrebbe tenere conto solo della qualità o della popolarità di un brano, e su questo non devo essere certo io a dirvelo considerando che ci arrivate benissimo da soli. Subentrano fattori quali il mood del brano in rapporto all’ambiente – mettereste mai un “bel” pezzo dei Nirvana in un centro benessere? – o il genere stesso, addirittura particolari tecnici, velocità e così via, d’altronde saper selezionare musica è una vera arte e può diventare anche un mestiere redditizio. Ma per la gente normale come me e voi la scelta del background è quasi sempre un aspetto secondario sul quale non è quasi mai il caso di perderci troppo tempo, ci fidiamo del nostro gusto, della nostra esperienza e talvolta di quello che si dice in giro, il che denota la superficialità involontaria con cui lo facciamo. Uscireste mai di casa con un abbinamento di colori agghiacciante? No, vero? Solo perché avete un capo firmato “bello” non è detto che debba essere indossato a cazzo, non sempre è il caso di metterlo. Così è la musica. E se volete un mio umile consiglio, tra i criteri da utilizzare per la selezione in pubblico e la musica da diffondere dove si radunano tante persone e la musica non deve essere il fattore comune che lega la gente che si trova nel posto in cui voi fate sentire la vostra playlist – quindi non siete dj perché questo è tutto un altro paio di maniche – dicevo il criterio da considerare in primis è il timbro della voce. Quante volte vi sarà capitato di perdere le staffe al supermercato a causa dei vocalizzi di sottofondo delle cantanti r&b che vanno tanto di moda al giorno d’oggi mentre vi barcamenate tra un due per tre e vostro figlio piccolo che vuole questo o quest’altro e sale e scende dal carrello e fa un caldo porco perché c’è il riscaldamento a manetta e voi avete su il piumino? Quando i sensi sono già chiamati alla prova da numerosi stimoli in eccesso, gravare sulla resistenza delle persone anche con sollecitazioni estreme dell’udito non è certo una buona cosa. Io per esempio bandirei l’esecuzione dei brani cantati da Michael Stipe dai luoghi costipati da calca in eccesso. I pezzi dei REM sono oggettivamente “belli” e ciò ne giustifica la messa in onda a sproposito, ma al contrario il fatto che piacciano a cani e porci non ne dovrebbe essere il motivo di selezione. Se un brano come “Stand” infatti induce l’ascoltatore all’imitazione del celebre balletto che si vede nel video, e quindi in questo caso è il ritmo che mette in secondo piano il registro vocale, di una canzone struggente come “Everybody hurts” che è solo voce e basta ed è esclusivamente un dialogo intimo tra i REM e il singolo ascoltatore non ne dovrebbe essere mai fatto un uso di massa. Il timbro di Stipe mentre centinaia di persone di tutti i tipi si affollano tra scaffali ricolmi di prodotti sopravvissuti al Natale, consapevoli che le feste volgono al termine, stride come poche cose al mondo. La gente si guarda e non capisce la ragione di quell’improvviso disagio e, vi assicuro, è molto difficile riuscire a spiegarlo ad uno ad uno.
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