Passata allo scanner la pagina di Guy Debord (Commentari sulla società dello spettacolo, XXIX), basterebbe annotare a margine: l’emergenza è una necessità dello statu quo. Oppure: ogni emergenza è posta dall’esigenza di ristabilire un dominio messo in discussione dai suoi limiti di sistema. Un po’ criptico, ma allusivo quanto basta. Mi risparmierei il compitino sul governo Monti, scanserei ogni critica da destra e da sinistra, eviterei di polemizzare sui massimi sistemi. Perché qui, con un cattolico liberale come Monti, le mie riserve sono di principio.Io penso che, nella più fortunata delle ipotesi, il suo governo sarà una prova di quella economia sociale di mercato che unisce al liberismo senza liberalismo il dirigismo senza socialismo, per farne un ibrido labilissimo che ineluttabilmente scivola nello statalismo o nel mercatismo. Mostratemi una economia che sia riuscita ad essere sociale e di mercato, insieme, per più di cinque anni. Fatemi un esempio di cattolico liberale che non sia fallito, prima o poi, come cattolico o come liberale.Siamo al collaudo di un Grande Centro: Guy Debord direbbe che i proprietari della società vogliono mantenere un certo rapporto sociale tra le persone, ma devono anche perseguire il rinnovamento imposto loro dalle nuove esigenze del dominio, e l’emergenza segna questa necessità come strumento di sempre.
Passata allo scanner la pagina di Guy Debord (Commentari sulla società dello spettacolo, XXIX), basterebbe annotare a margine: l’emergenza è una necessità dello statu quo. Oppure: ogni emergenza è posta dall’esigenza di ristabilire un dominio messo in discussione dai suoi limiti di sistema. Un po’ criptico, ma allusivo quanto basta. Mi risparmierei il compitino sul governo Monti, scanserei ogni critica da destra e da sinistra, eviterei di polemizzare sui massimi sistemi. Perché qui, con un cattolico liberale come Monti, le mie riserve sono di principio.Io penso che, nella più fortunata delle ipotesi, il suo governo sarà una prova di quella economia sociale di mercato che unisce al liberismo senza liberalismo il dirigismo senza socialismo, per farne un ibrido labilissimo che ineluttabilmente scivola nello statalismo o nel mercatismo. Mostratemi una economia che sia riuscita ad essere sociale e di mercato, insieme, per più di cinque anni. Fatemi un esempio di cattolico liberale che non sia fallito, prima o poi, come cattolico o come liberale.Siamo al collaudo di un Grande Centro: Guy Debord direbbe che i proprietari della società vogliono mantenere un certo rapporto sociale tra le persone, ma devono anche perseguire il rinnovamento imposto loro dalle nuove esigenze del dominio, e l’emergenza segna questa necessità come strumento di sempre.
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