Tutto quello che avreste voluto sapere su M23

Creato il 24 novembre 2012 da Dragor

 

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   Villaggio Banyamulenge

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   E NON AVETE MAI OSATO CHIEDERE. Non c’è un media che non abbia parlato della prodigiosa avanzata di M23 nella regione del Sud-Kivu e della sua conquista di Goma. Il ritratto offerto dalla stampa europea è quello di una spietata milizia ribelle che combatte contro le forze armate congolesi per impadronirsi del Sud Kivu. Nessuno ha fatto il minimo tentativo di spiegare che cos’è M23, che cosa vuole, da chi è composto e perché combatte, cosi’ lo faro’ io.   

   M23 E’ COMPOSTO da Banyamulenge. I Banyamulenge sono Tutsi d’origine rwandese che abitano sugli altopiani del Sud Kivu nell’est della RDC. Secondo fonti concordanti, si sono stabiliti in quella regione molto tempo prima che l’ Africa venisse colonizzata dagli europei. Secondo Depelchin si erano già stabiliti nella piana della Ruzizi fra il 1797 e il 1890. Secondo Alexis Kagame i Banyamulenge hanno cominciato a occupare l’attuale zona di Uvira fra il 1576 e il 1609. Gli autori in questione designano questo popolo come «Tutsi d’Itombwe», «Pastori d’Itombwe» o «Banyarwanda.» Le fonti orali c’informano che i nostri pastori non sono rimasti a lungo nella piana della Ruzizi, da loro giudicata arida e malsana. Sono saliti a 1800 metri sulla montagna di Mulenge,dove si sono stabiliti prendendo il nome di Banyamulenge (popolo di Mulenge). Cosi’ da oltre 2 secoli che questo popolo abita sul territorio dell’attuale RDC, molto prima della creazione dello Stato Indipendente del Congo (1885-1908), del Congo Belga (1908-1960) e del Congo indipendente con i suoi vari nomi, Zaire sotto il regime di Mobutu e Repubblica Democratica del Congo sotto quello di Kabila.   

   NONOSTANTE queste prove irrefutabili, l’accettazione dei Banyamulenge come Congolesi a tutti gli effetti ha fatto scorrere fiumi d’inchiostro e di sangue. Malgrado le ripetute richieste al potere centrale di essere cittadini come gli altri, i Banyamulenge si sono trovati di fronte a politici egoisti e dispotici che hanno saputo proporre loro soltanto la divisione, la discriminazione, l’odio e la negazione dei diritti più elementari, compreso quello alla vita.   

   PER CAPIRE com’è nato l’odio contro i Tutsi-Banyamulenge in Congo, bisogna fare un salto indietro nel tempo e nello spazio . Precisamente al 1957 quando, per vendicarsi del Mwami Mutara III che aveva chiesto all’ONU l’indipendenza del Rwanda e dichiarato che non esistevano etnie ma solo cittadini rwandesi, i colonialisti belgi cominciano una politica razzista contro i Tutsi, accusati di volere un’unità pericolosa per il potere coloniale. Il primo atto di questa politica è il “Manifesto dei Bahutu” redatto dal prete André Perraudin, un testo ispirato alle ideologie razziste europee che doveva creare la divisione nel paese in modo da renderlo più facilmente governabile dai colonialisti.  

   I TUTSI vengono identificati come nemici degli Hutu con il pretesto che, essendo minoritari, non devono dirigere la maggioranza Hutu. Cominciano subito i massacri collettivi e selettivi. Con la prima e la seconda Repubblica del Rwanda, ossia le dittature di Kaybanda e di Habyarimana, si continua a coltivare la divisione etnica e addirittura a esportarla oltre frontiera. Si tratta di creare una sorta di coscienza collettiva «bantu» contro i Tutsi. Tutti i mezzi sono validi, compreso il genocidio.   

   L’EST DELL’EX ZAIRE, dove si trovano molti rwandofoni resi congolesi da Berlino con un’arbitraria divisione fra gli Stati, è la prima destinazione di questa ideologia. Fondata sull’odio etnico, riesce a conquistare gli spiriti ingenui dei paesi confinanti con il Rwanda. La questione etnica Hutu-Tutsi si internazionalizza e diventa il virus che oggi sta ancora rodendo la regione dei Grandi Laghi. Nel corso degli anni le sue vittime si contano a milioni : morti, rifugiati, orfani, vedove e un seguito di disgrazie diventate praticamente il quotidiano degli abitanti : carestie, guerre, massacri, genocidio, stupri, saccheggi.   

   SOTTO IL REGIME di Mobutu i Banyamulenge sono perseguitati dagli oppositori in quanto lealisti. Certi uomini politici originari del Sud Kivu, come Anzuluni Bembe (ex opresidente dell’Assemblea Nazionale) e Mwenemalungu (ex deputato parlamentare) fanno dell’odio contro i Banyamulenge il loro cavallo di battaglia. Durante le campagne elettorali, incitano più volte le popolazioni locali a eliminarli fisicamente e a cacciarli in Rwanda. I Banyamulenge sono oggetto di saccheggi sistematici, persecuzioni e torture.  

   L’IDEOLOGIA GENOCIDARIA tocca il vertice fra il 1993 e il 1995. L’arrivo dei rifugiati hutu burundesi e rwandesi contribuisce a esacerbare l’odio contro i Tutsi congolesi che i rifugiati assimilano ai Tutsi dei paesi rispettivi. Fanno del Sud Kivu una base per l’eventuale riconquista del Rwanda e uccidono tutti i testimoni scomodi. Nel 1996 la guerra scoppiata contro il regime di Mobutu serve come pretesto alle autorità per attuare il loro piano genocidario contro i Tutsi. Si associano alle mlilizie Interahamwe, che di genocidi se ne intendono.In nome della famiglia bantu le popolazioni locali (Bashi, Babembe, Bavira, Bafulero, Balega) vengono mobilitate per sterminare i Tutsi nel più breve tempo possibile.Cosi’ si organizzaano i massacri di Bubogobogo, di Bukavu, di Kalmayola nel Sud Kivu e di altre località nel Nord Kivu. Le popolazioni che non si sono rifugiate in Rwanda vengono sporadicamente attaccate da Mai-Mai, milizie progovernative antitutsi.   

   CON L’ARRIVO al potere si Laurent Desiré KabilA, la situazione per i Banyamulenge (che pure lo hanno accompagnato nella sua marcia verso Kinshasa per abbattere Mobutu) non fa che peggiorare .Dopo il divorzio dai suoi alleati rwandesi e ugandesi, Kabila comincia una vera caccia all’uomo Tutsi in tutte le città della RDC. Nelle persecuzioni si distinguono Yerodia Abdoulaye Ndombasi, ex ministro degli Esteri, uno osicanalista che usa la demonizzazione del Tutsi per vincere gli scrupoli della popolazione ed esortarla al massacro.   

   QUANTO A JOSEPH KABILA II, è proprio il caso di dire : «Tale il padre, quale il figlio ». Dopo avere assassinato suo padre nel 2000, nomina Yerodia vice-presidente della Repubblica benché sia ricercato per genocidio controi Tutsi. Poi si dedica anima e corpo alla negazione del genocidio rwandese, incoraggiando i media dell’odio per alimentare l’ideologia razzista: giornali come L’Avenir e Le Congo, la Radio Televisione Nazionale del Congo. Per decentralizzare la campagna di odio etnico contro i Banyamulenge, i media di Bukavu hanno una parte di primo piano nella campagna di intossicazione etnica, in particolare quelli della chiesa cattolica rappresentata dai missionari cosiddetti saveriani: la loro Radio Maria ricorda per ferocia razzista la famigerata radio Mille Collines e aizza contro i Banyamulenge i genocidari delle FDLR (Forze Democratiche di Liberazione del Rwanda), validamente aiutata da  Radio Maendeleo e dall’agenzia Sud Kivu della RTNC.   

   QUESTE SONO LE RICHIESTE dei Banyamulenge: rimpatriare i rifugiati Banyamulenge, attuare una politica di buon governo (trasparenza, equità e uguaglianza di tutti i cittadini), punire severamente gli autori di tutti i crimini contro i Banyamulenge, riparare per quanto possibile il pregiudizio materiale e morale subito dalla comunità Banyamulenge, mettere fine alla discriminazione etnica, organizzare una campagna pubblica di “riumanizzazione” dei Tutsi, riconoscere il territorio di Minenbwe, terra di sviluppo per questa comunità, liberare tutti i Banyamulenge ingiustamente agli arresti, accettare i Banyamulenge nelle Forze Armate. Tutto questo avrebbe dovuto essere concesso con gli accordi del 23 marzo 2009 fra il governo congolese e il “Partito del Popolo” nel quale si erano costituiti i Banyamulenge.   

   MA LE PROMESSE non sono state mantenute, cosi’ ai Banyamulenge non è rimasta che l’opzione militare. In ricordo del giorno della firma degli accordi, la loro milizia si chiama M23. La sua storia ricorda quella del FPR (Fronte Patriottico Rwandese) di Paul Kagame. Nel 1990, quando ha cominciato la sua campagna militare per costringere il dittatore Habyarimana a permettere il ritorno dei rifugiati Tutsi in Rwanda e successivamente a rispettare gli accordi di Arusha, anche il FPR era considerato un gruppo di ribelli o addirittura di « terroristi », come lo definiva il primo ministro francese Alain Juppé. Anche il FPR, forte di soli 10.000 uomini, ha sgominato un’armata nazionale (fra l’altro appoggiata dalla Francia), ha fermato il genocidio e oggi è il partito al governo in Rwanda. Se Kabila non si decide a mantenere le promesse, ci sono buone probabilità che M23 faccia lo stesso nella RDC. La storia si ripete.   

Dragor


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